AMIATA – «In seguito alle ben note vicende sulla direzione didattica dello scorso autunno si è reso subito palese che una fusione nei tempi da noi auspicati sarebbe stata di impossibile realizzazione, avere un comune unico entro il 2018 appariva irraggiungibile». Così il comitato per la fusione dei comuni di Castell’Azzara e Santa Fiora.
«Abbiamo così utilizzato questo tempo per cercare di capire quale fosse il miglior modo di portare avanti una proposta ora più di prima necessaria ai territori di Castell’Azzara e Santa Fiora – prosegue -. Innanzitutto occorre dire che la vicenda sulla scuola a nostro parere sia stata gestita malissimo nel suo complesso, ognuna delle parti si è arroccata sulle sue posizioni, in pratica non è esistito il dialogo e così, il problema è stato solo rimandato. La scuola, se preservata nella sua configurazione attuale a Castell’Azzara, dovrà comunque affrontare anni in cui la natalità è stata ai minimi termini con soli tre bambini nati nel 2015 e quattro nel 2016, con conseguenze che, se non affrontate per tempo o risolte con immigrazione di nuovi bambini, produrranno senza dubbio pluriclassi e tutto ciò che ne consegue».
«Detto questo, è abbastanza chiaro che non transitare sotto la direzione didattica di Santa Fiora per mantenere la scuola nello stato in cui è adesso risulta essere soltanto una semplice presa di posizione, temporanea quanto improduttiva. Di contro, non essere riusciti a parlare con la popolazione di Castell’Azzara ed a spiegare che nulla sarebbe cambiato anche nei rapporti con i comuni limitrofi ed i ragazzi provenienti dal Soranese; non aver dato specifiche rassicurazioni su ciò e non aver garantito una concreta prospettiva alla scuola castell’azzarese sono state un madornale errore da parte dell’Unione dei Comuni e dell’Amministrazione santafiorese, sfruttato abilmente da chi, esplicitamente e pubblicamente ha osteggiato il tentativo di unire questi due territori».
«Il compito che ci siamo assunti invero, non è stato facilitato da nessuno e se dalla parte di Santa Fiora, l’essere favorevoli dell’Amministrazione non si è mai tradotto in atti concreti, dall’altra parte l’Amministrazione castell’azzarese ha svolto il suo compito antifusione in maniera magistrale. Prima mettendo in contrapposizione il progetto dell’Ecosistema Comunale con la fusione, cosa di cui siceramente ci sfugge la logica dato che, avendo sicuramente bisogno di fondi e finanziamenti l’Ecosistema avrebbe certamente tratto vantaggio dalla pioggia di soldi che sarebbero venuti dalla fusione – continua -. In quest’ottica, se il progetto funzionasse, la fusione sarebbe quindi lo strumento per farlo decollare avendone le risorse. Poi sfruttando la vicenda della scuola, parlando di annessioni e neocolonialismo, costruendo un sentimento anti che ha completato l’opera. Veramente bravi, difficilmente si poteva fare meglio».
«Ma quali sono i risultati – chiedono -? Abbiamo due comuni che, anche se con differenze, vedono di anno in anno calare la loro popolazione, con un’età media che avanza inesorabilmente ed in cui Santa Fiora ha la metà della popolazione oltre i cinquanta anni (53,8%) e Castell’Azzara oltre i sessanta (63 % oltre i 50 anni), non ci sono evidenti possibilità di lavoro sui due territori se si eccettua il salumificio a Santa Fiora, alcune ditte edili ed artigiane che comunque non riescono a fare la differenza ma anzi per la maggior parte se la passano poco bene, le attività del bosco, ormai in larga parte con manodopera straniera, l’agricoltura, che da noi pur avendo qualche addetto, non ha mai fatto la differenza ed il pubblico impiego, al momento quasi inaccessibile e con turn-over ormai quasi eterno, tra mancanza di risorse e blocchi vari ad assunzioni».
«Rendiamocene conto, sono numeri da emergenza, di difficilissima soluzione, anche percheé se prendiamo aree a noi vicine, più blasonate turisticamente o fortunatamente impegnate nella produzione di prodotti tipici di richiamo internazionale, eccetto rari casi, perdono anch’esse residenti. Ma noi, ci rendiamo conto o no che anche riuscendo a trattenere ogni giovane sul territorio avremo la metà della popolazione attuale solo tra trenta o quarant’anni? Che perderemo servizi basilari ben prima, come posti di polizia, medici e presidi sanitari, banche, uffici postali e scuole?».
«Sappiamo che sentir dire queste cose non fa piacere ma occorre rendersene conto e fare i conti con la realtà. La fusione non è certo la panacea di tutti i mali, fondendoci probabilmente non risolveremo tutti i nostri problemi e sicuramente non vedremo un inversione di tendenza nel bilancio demografico, ma creeremo un’opportunità, potremo ridare servizi che non ci sono più, parlare con una voce più autorevole, trovare il modo di assicurarci i servizi esistenti e garantirci il futuro prossimo. E’ sicuramente ovvio che oltre ciò, dovremo trovare soluzioni nuove ai nostri problemi, avendo fiducia ed aiutando i nostri giovani ed immaginando un futuro che sia concreto, realizzabile e possibilmente migliore di quello che possiamo immaginare ora».
«Fondendosi non si perde identità, scuole, servizi o quant’altro, si acquista la consapevolezza di essere più forti, di avere più risorse, se saremo bravi, sarà il punto di partenza per ritrovare la speranza. Sappiamo bene che al momento la fusione è in un limbo, un limbo voluto da chi il futuro non lo immagina più, da chi il vive il presente crogiolandosi nel passato, ma questo strumento, questa opportunità deve tornare ad essere presa in considerazione, deve tornare a far pensare la gente ed i politici locali, deve far parte delle opinioni degli schieramenti che si avranno alle elezioni comunali del prossimo anno».
«Chi si presenterà avrà l’obbligo di confrontarsi anche su questa scelta e sopratutto dovrà dibattere sui suoi vantaggi e svantaggi. Capiamo bene che un’amministrazione nuova difficilmente porterà alla fusione entro un anno o due, ma il nostro obbiettivo a questo punto è avere un nuovo comune al primo o secondo anno del nuovo decennio, ovviamente, possibilmente, prima. Non vogliamo qui ripetere le cose che secondo noi fanno preferire di gran lunga la fusione allo status quo, solo una cosa, con l’ultima finanziaria il contributo passa al 60% dei trasferimenti erariali attribuiti nel 2010 dal 40% di due anni fa per un totale stimabile nella nostra fusione di 8-900.000 € x 10 anni dallo stato più 500.000 € dalla Regione per cinque anni… noccioline! Insomma, non ci arrendiamo, siamo convinti dei nostri argomenti e saremo qui per ribadirli, lo abbiamo detto e lo ripetiamo, solo il referndum tra la popolazione potrà dirci che la fusione non si fa! Nessun altro». Conclude la nota di Monia Benedetti, Moreno Pomi,Antonio Albertini e Vico Tenci.