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Follonica, Castiglione della Pescaia, Scarlino, Grosseto e Monte Argentario. Cinque realtà della costa tirrenica che costituiscono altrettanti poli d’attrazione per manifestazioni sportive di livello nazionale e internazionale. Un network organizzativo e ricettivo, dotato di una buona impiantistica sportiva, ma ancora poco interconnesso e non organizzato secondo i crismi di una vera filiera turistica. Al pari, ad esempio, dell’offerta turistica rivolta alle persone Lgbt o disabili, già oggetto di due precedenti #tirimancini.
Eppure, a ben guardare, in Maremma anche nel caso del turismo sportivo ci troviamo di fronte a una potenziale miniera d’oro, non sfruttata per le potenzialità che avrebbe. A partire dalla destagionalizzazione tanto auspicata a parole, quanto blandamente perseguita nei fatti.
Che lo sport sia un potenziale giacimento di “pepite” in ottica turistica, lo testimonia in modo inequivocabile un recentissimo studio affidato da Fidal (federazione italiana atletica leggera) alla società SG+ Ghiretti&Partners sull’indotto economico generato dai Campionati europei juniores di atletica leggera, svoltisi a Grosseto dal 20 al 23 luglio 2017 grazie all’intraprendenza della società Massimo Pellegrini. Manifestazione che ha segnato il record di partecipazione per un meeting di atletica giovanile, con più di 2.700 atleti, tecnici, medici, fisioterapisti, dirigenti sportivi e giudici di gara accreditati (47 nazioni) e circa 36.000 spettatori. Cui vanno aggiunti gli oltre 125 giornalisti e le 42 ore di diretta Tv in eurovisione.
Quattro le categorie d’indotto prese in considerazione: delegazioni e staff organizzativo; spettatori; spese infrastrutturali e promozione del territorio.
Spulciando i numeri, si scopre ad esempio che i 2.700 accreditati con le varie delegazioni hanno soggiornato in media sei notti in una delle 21 strutture ricettive coinvolte. Dislocate fra Grosseto, Marina di Grosseto, Castiglione della Pescaia, Scarlino, Follonica e Civitella Paganico. Considerati i 90 euro a pacchetto turistico, si arriva a 1,200.000 euro di valore dei servizi turistici venduti. Analizzando il comportamento dei 36.000 spettatori che hanno preso parte alle quattro giornate di gara, si evince invece che nei 4/5 giorni di permanenza un visitatore straniero ha speso in media 105 euro al giorno (40 per magiare, 45 per dormire e 20 per il tempo libero). Mentre un italiano di euro ne ha spesi 95 (35. 42, 18). Il totale dell’indotto per il territorio, per questa voce, è stato così di 4 milioni.
Fin qui la spesa eminentemente tristica. A questa però vanno aggiunti altri vantaggi per il territorio. Tipo i 950.000 euro spesi per adeguare l’impiantistica sportiva, che andranno a vantaggio sia dei residenti che dei partecipanti a nuove manifestazioni sportive di livello. C’è poi un ulteriore importantissimo aspetto, economicamente valutato in 1,700.000 euro, che consiste nella promozione del territorio garantita dai 90 articoli usciti sui 30 quotidiani nazionali e i 150 usciti su riviste specializzate e testate estere. Nelle 70 ore complessive di programmazione televisiva. Nei 52 siti internet e blog che hanno dedicato spazio all’evento e nei 4 milioni di visualizzazioni sui social. Tutte veicoli di promozione che hanno portato acqua al mulino della reputazione della Maremma. Morale della favola, l’indotto diretto e indiretto degli Europei juniores di atletica leggera è stato in pochi giorni superiore agli otto milioni di euro. Entrati nelle tasche di albergatori, ristoratori, commercianti, imprese di servizi in generale.
Se questo è l’indotto di un unico evento sportivo, per quanto rilevante sia, è immaginabile cosa potrebbe essere fatto mettendo a sistema tutto quello che si fa in provincia. Basta guardare a Follonica, ad esempio, dove da molti anni ha una propria stabile residenza la Nazionale di ginnastica ritmica. Oltre alle tante manifestazioni sportive di routine, solo quest’anno ci sarà una tappa della Tirreno-Adriatico, si svolgeranno le “final eight” di hockey su pista e le finali nazionali del campionato di karate. Lo stesso potrebbe dirsi di Castiglione della Pescaia, che negli ultimi cinque anni ha fatto passi da gigante nella destagionalizzazione attraverso le manifestazioni sportive, dall’atletica al ciclismo, dalla vela agli sport paralimpici. Ma anche di Monte argentario che ha puntato sulle regate e sul diving.
Tuttavia, a proposito di pepite, non è tutto oro quel che luccica. Ed è necessario dire le cose come stanno.
Cosa vuol dire che bisognerebbe mettere a sistema questo comparto (come altri), ad esempio? In pratica significa che nonostante sia chiaro da tempo quanto la competitività turistica di un territorio dipenda dall’integrazione fra le risorse che esprime, fino ad oggi ognuno è andato in ordine sparso per conto proprio. Con modesti e poco efficaci tentativi di coordinamento e collaborazione per programmare e costruire un’offerta turistica mirata al segmento sportivo, come nel caso di “Costa della Vela”. Che aveva grandi ambizioni per lo più non concretizzate. Quello che viene fuori, in altre parole, è che i pur ragguardevoli risultati raggiunti in alcune realtà, sono più il frutto dell’intuizione o del dinamismo di pochi lungimiranti – sindaci, assessori, dirigenti sportivi – che il frutto di un consapevole sforzo collettivo basato sull’analisi di mercato e la messa in rete di competenze e servizi.
In questo senso, allora, forse sarebbe opportuno iniziare a pensare a un’unica cabina di regia provinciale. A una vera e propria “agenzia”, snella per carità – con la componente pubblica e privata – che valuti il panorama delle manifestazioni sportive da poter attirare in provincia di Grosseto, coinvolga i singoli Comuni e le singole federazioni e società sportive, costruisca il prodotto turistico e programmi promozione e calendari. Magari, sin da subito, integrandosi con il progetto di promozione “Costa di Toscana”, in fase di lancio.
Infine, ma non per ultimo, il ruolo dell’imprenditoria turistica vera e propria. Fino ad oggi albergatori, ristoratori e quant’altro hanno agito all’insegna del motto popolare «spendo poco e compaio», godendo dell’iniziativa presa da Comuni e società sportive senza metterci del proprio. È chiaro che così non va bene. Far evolvere una vocazione in una filiera turistica comporta sforzo d’immaginazione, mettere in campo capacità manageriali e investimenti. Non si può continuare a pensare di «mungere la vacca» alimentata solo coi soldi dei Comuni o con l’impegno delle società sportive. Più energie concorreranno alla filiera, prima il segmento dell’offerta turistica sportiva decollerà. Più ricco sarà il dividendo per tutti.
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