Torna la rubrica curata dal Collegio Ipasvi di Grosseto. Qui trovate tutte le altre puntate: www.ilgiunco.net/tag/infermieri-informa/
Dott.sa Adele Acquisti, Infermiera, Master in Coordinamento per le Professioni Sanitarie, Operatrice specializzata in Taping Elastico®
La cefalea, comunemente chiamata “mal di testa” per definizione è rappresentata da qualsiasi sensazione dolorosa a carico di tutta o di parte della testa. Il dolore alla testa è spesso associato ad altre sintomatologie, ad esempio uno stato influenzale, ma quando diventa “immotivato” da altre cause patologiche, diventa una vera e propria malattia e chi ne soffre subisce una reale invalidità. La cefalea crea problemi non solo sociali ma anche economici per coloro che ne sono affetti. I ripetuti attacchi di cefalea e spesso la costante paura del successivo attacco, danneggiano la vita familiare, sociale e lavorativa. È una tra le più frequenti patologie del sistema nervoso, tuttavia spesso viene sottostimata, non diagnosticata e quindi non curata. Nella maggior parte dei casi, la cefalea è di tipo benigno, cioè senza una causa organica riconoscibile e viene pertanto definita cefalea primaria. La diagnosi è di tipo clinico, costituita da un esame medico di tipo generale unitamente ad un esame neurologico attento. Le tipologie più comuni di cefalea primaria sono la cefalea di tipo tensivo, l’emicrania, la cefalea a grappolo e le cefalee croniche. Analizziamole nello specifico.
-EMICRANIA: è tra le malattie più diffuse nel mondo e probabilmente la più frequente nell’età produttiva, con pesanti ripercussioni sociali ed economiche. Ha una prevalenza del 12-15%, è tre volte più frequente nelle donne e nel 10% nei bambini. È caratterizzata da una sintomatologia pulsante monolaterale. Il dolore, abitualmente pulsante, insorge più spesso unilateralmente, specie in prossimità della tempia e dell’occhio per poi eventualmente diffondersi. La cefalea è associata a nausea e, meno frequentemente, a vomito, è presente ipersensibilità alle luci, ai suoni ed agli odori. Il dolore peggiora con l’esercizio fisico e per questo il paziente tende ad isolarsi in ambiente buio e silenzioso durante l’attacco. La fase della remissione è spesso caratterizzata da poliuria, sensazione di prostrazione fisica e mentale o, al contrario, da euforia. Talvolta non è facile distinguere i sintomi di questa fase dagli effetti collaterali della terapia sintomatica dell’attacco. La completa ripresa delle performances psicofisiche è comunque lenta. La sensazione di spossatezza può durare anche vari giorni. L’attacco dura dalle 4 alle 72 ore. Può essere scatenata da stress, variazioni ormonali, clima, digiuno, assenza sonno o alcool. È trattabile con dei farmaci triptani e terapie preventive.
-CEFALEA DI TIPO TENSIVO: è la cefalea più diffusa, distinta in forma episodica (< 15 giorni/mese) e cronica (>15 giorni/mese). Colpisce prevalentemente il sesso femminile con una insorgenza solitamente intorno ai 30 anni. E’ caratterizzata da episodi di cefalea di durata variabile da minuti a vari giorni. Il dolore è tipicamente compressivo-costrittivo, bilaterale (spesso con distribuzione a “fascia” o a “casco”) ed ha una intensità sopportabile. Il vomito è assente, la nausea è rara, possono coesistere fonofobia o fotofobia. L’attività fisica, diversamente dall’emicrania, non peggiora l’intensità del dolore. Numerosi fattori organici o funzionali possono condizionare la comparsa della cefalea di tipo tensivo quali fattori psicogeni, osteoarticolari, muscolari, masticatori, o l’abuso di farmaci. Lo scatenamento ha origine multifattoriali come, la tensione nervosa, lo stress, l’affaticamento mentale, lo sforzo attentivo o di concentrazione protratto, il mantenimento prolungato di posture non idonee e la mancanza di sonno. Pertanto gli individui maggiormente a rischio risultano essere coloro (studenti, insegnanti, addetti al computer, sarti, ecc.) costretti al mantenimento di particolari posizioni corporee e con simultaneo impegno mentale. È Trattabile con analgesici generici.
-CEFALEA A GRAPPOLO: è una malattia prevalente nel sesso maschile (70-90% dei casi), esistente in forma episodica e cronica. L’età media di insorgenza è intorno ai 30 anni. La cefalea a grappolo è caratterizzata clinicamente da una particolare periodicità con l’alternarsi di periodi attivi definiti grappoli (durante i quali compaiono gli attacchi) e di fasi di remissione di assoluto benessere. Nella forma episodica i periodi attivi hanno durata variabile da 2 settimane ad 1 anno, con fasi di remissione superiori a 14 giorni. In genere, nella forma episodica, la cadenza dei grappoli è annuale o biennale. Nella forma cronica, invece, i periodi attivi hanno una durata superiore ad un anno senza remissione o comunque con periodi di remissione inferiori ai 14 giorni.
Durante i periodi attivi gli attacchi si presentano da una a più volte al giorno (da 1 a 3 al giorno), soprattutto durante le ore notturne. Gli attacchi sono caratterizzati da un dolore estremamente severo, trafittivo-lancinante, rigorosamente unilaterale, prevalentemente nella regione orbitaria, più raramente sopraorbitaria e/o temporale, con una durata variabile da 15 a 180 minuti. L’attacco è tipicamente associato a ricca sintomatologia neurovegetativa sempre omolaterale al dolore che lo rende inconfondibile: lacrimazione, arrossamento oculare, ostruzione nasale, secrezione nasale, ptosi palpebrale, miosi, sudorazione facciale o edema palpebrale. A differenza dell’emicranico, il paziente con cefalea a grappolo durante l’attacco non riesce a stare fermo, appare irrequieto, a volte in preda ad una vera condizione di agitazione psicomotoria. La cefalea a grappolo può essere scatenata da stimoli esterni quali l’assunzione di alcool, correnti d’aria fredda o calda, sonno, pasti copiosi, eventi stressanti. Tuttavia tutti questi fattori appaiono potenzialmente scatenanti solo duranti i periodi attivi della malattia e mai in quelli intervallari.
La diagnosi di cefalea e successivamente l’identificazione della tipologia non è così scontata. Infatti talvolta i soggetti colpiti riferiscono sintomi aspecifici e associati ad altre patologie. È utile quindi identificare il più precocemente possibile la diagnosi, successivamente programmare una terapia preventiva e d’urto in fase attiva, nonché delle strategie e delle modifiche di stile di vita atte a prevenire l’attacco.