GROSSETO – Occorre una strategia per rilanciare il comparto ovi-caprino , questo in sintesi il leitmotiv dell’incontro che ha visto ieri a Siena riuniti pastori provenienti da ogni angolo della regione compreso Grosseto.
Il comparto ovicaprino toscano, che attualmente conta circa 1200 aziende agricole, concentrate principalmente tra Grosseto, Siena e Pisa, si è praticamente dimezzato nel corso degli ultimi dieci anni, come anche il numero dei capi si è notevolmente ridotto. La Toscana con la consistenza di 400mila pecore è al quarto posto in Italia, dopo la Sardegna, la Sicilia e il Lazio.
In Toscana vengono prodotti circa 550mila quintali di latte che tenendo conto di un prezzo medio pagato di circa 1 €/l contribuisce alla produzione vendibile agricola per circa 55 milioni di euro. Solo una parte del latte viene lavorato direttamente dall’allevatore per produrre formaggi mentre in larga parte prende la via dei caseifici. Gli allevatori ovicaprini subiscono la concorrenza del latte proveniente dall’esterno acquistato dai caseifici per produrre e commercializzare formaggi che, in vari modi, si richiamano alla toscanità. La recente introduzione dell’etichettatura d’origine obbligatoria per latte e prodotti lattiero caseari – fortemente voluta da Coldiretti – rappresenta un elemento di chiarezza e al tempo stesso, in prospettiva, una boccata d’ossigeno per il settore
L’incontro – hanno sottolineato i dirigenti di Coldiretti Grosseto Bruni e Renna – è stata l’occasione per fare il punto sulla lunga vertenza aperta da Coldiretti, che nei giorni scorsi aveva dichiarato lo stato di mobilitazione, presentando alla Regione Toscana un documento di richieste per l’insostenibile stato nel quale sono costretti ad operare gli allevatori con i continui attacchi al bestiame da parte di animali predatori, lupi ed ibridi. Alcune risposte sono già arrivate ma attendiamo che si predisponga un piano per assicurare agli allevatori un risarcimento dei danni più congruo per le azioni dei predatori. Insieme a questo attendiamo anche il completamento del pagamento totale degli indennizzi che derivano, per il triennio 2014 – 2016 , da 1.348 attacchi di predatori agli animali allevati, per un danno che supera i 3 milioni di euro senza contare che molti allevatori rinunciano addirittura a richiedere i rimborsi visto che non c è sempre seguito . Attacchi non solo di lupi ma anche individui ibridi e di cani domestici inselvatichiti. Il superamento del cosiddetto “de minimis”, cioè la soglia di 15mila euro per un triennio, è di assoluta importanza anche se vorremmo che ciò valesse non solo per le richieste future.
Tuttavia, è apprezzabile lo sforzo della Regione, annunciato da Remaschi, di reperire ulteriori risorse per risarcire tutti i danni per le domande presentate da gennaio a novembre 2016 ed ancora in attesa di essere liquidate. Restano però ancora alcuni capitoli aperti da noi denunciati come il risarcimento agli allevatori per le spese sostenute per lo smaltimento delle carcasse degli animali uccisi dai predatori e l’immediata realizzazione di piani di contenimento e controllo di cani vaganti e ibridi lupo/cane attraverso la collaborazione con i diversi Corpi di Polizia. Abbiamo evidenziato altresì la necessità di definire un programma finalizzato alla valorizzazione della filiera ovi-caprina che, anche per i problemi legati alla predazione, è interessata da una preoccupante crisi, con numerose aziende costrette a cessare le attività, soprattutto nelle aree marginali. Tutte questioni aperte che richiedono risposte. Bisogna riuscire a valorizzare ancora di più le denominazioni di origine e rafforzare la capacità di penetrazione sui mercati, non solo regionali e nazionali, delle produzioni sia di formaggi che di carne provenienti dai nostri allevamenti, rendendo credibili traiettorie di futuro per produttori che svolgono una funzione fondamentale sul piano economico e sociale, presidiando altresì territori il cui abbandono e degrado determinerebbero gravi rischi anche sul piano idro-geologico ed occupazionale.