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Era oramai diventato una creatura mitologica, il nuovo viadotto sul Farma che collega Grosseto a Siena. La costa sud alla Toscana centrale. Opera d’ingegneria trasportistica le cui vicissitudini richiamano l’epopea narrata dal film “Il ponte sul fiume Kwai” (1957), con protagonista un eroico Alec Guinness. E invece, 41 anni dopo la realizzazione di quello che tutti conoscono come il vecchio ponte del Petriolo, lì accanto la nuova creatura è stata percorsa dalle prime macchine in un torrido martedì agostano del 2017. Vent’anni dopo la variante Aurelia per Livorno. Altra grande opera a suo tempo attesa con bramosia spasmodica.
Molti maremmani – ma anche senesi, fiorentini e aretini – ancora non sono convinti esista davvero, il viadotto a 4 corsie sul Farma. Almeno finché non l’avranno percorso. Anche se ognuno ha nei cassetti della propria memoria qualche sbiadita istantanea di com’era prima. Quando andare a Siena era quasi un’avventura, su una strada invereconda nobilitata solo dal vecchio ponte di Petriolo, dal quale guardavi in giù le acque azzurre del fiumiciattolo, a più di cento metri là sotto. Orgoglio dell’ingegneria italiana, figlio della follia politica di Fanfani che – si narra – per motivi di consenso decise la “Senese” passasse su per i poggi di Civitella Paganico. Invece che più in basso, lungo la valle del Merse come sarebbe stato logico.
Il primo ricordo che affiora, è di quando si partiva con la Peugeot 204 per andare a fare la visita oculistica a Firenze dal professor Focosi. Otto dieci anni io, un paio d’occhiali brezneviani, il mi’ fratello con la ‘toppa’ sull’occhio sinistro, e le mi’ sorelle più piccine. E quella volta che mamma fu fermata dai carabinieri poco dopo il ponte di Petriolo per eccesso di velocità perché eravamo in ritardo, perdonata quando uscimmo tutti e quattro dalla macchina. E poi negli anni 80 le trasferte per andare a giocare a rugby nella piana fiorentina. Subito dopo le migrazioni universitarie a Firenze, neopatentato e intimorito dal quel ponte così alto.
Oggi, proprio come un umarell (bolognesismo: ometto, anziano che guarda l’esecuzione dei lavori pubblici per passare il tempo), non vorrei di meglio che godermi lo smantellamento meccanico del vecchio glorioso ponte e scoprire la prospettiva del nuovo dalla terrazza panoramica del Petriolo Spa Resort. Che rinfaccia l’infrastruttura e aggetta sulla val di Farma.
Ma l’amarcord, piacevole che sia, lascia il tempo che trova. Perché la novità delle quattro corsie sospese per aria a unire le province di Grosseto e Siena, impone riflessioni di tutt’altra natura. Sul futuro che incombe.
Il definitivo adeguamento della E78 tra il capoluogo maremmano e quello senese è previsto per il 2022, nel prossimo triennio, inoltre, Anas spenderà altri 80 milioni di Euro per concludere l’ammodernamento della Siena Firenze. La qual cosa significa che a tappe intermedie i tempi di percorrenza tra Toscana centrale, Siena e costa grossetana si accorceranno progressivamente, con un innalzamento degli standard di sicurezza e l’inevitabile incremento dei flussi di traffico da e per Grosseto. Più o meno al 2022, inoltre, viste le novità annunciate per settembre dal presidente Rossi e dal ministro Del Rio, dovrebbe trovare finalmente soluzione anche la quarantennale agonia del corridoio tirrenico. A quel momento Grosseto si troverà ad essere al centro di un’importante intersezione tra due assi viari completamente rinnovati, e potrebbe trarne qualche vantaggio in termini economici e logistici.
Bisogna quindi porsi da subito qualche domanda per non farsi trovare impreparati, perché un lustro passa alla svelta. Molto alla svelta.
C’è da scommettere, ad esempio, che l’adeguamento della E78 e del corridoio tirrenico porteranno con sé un cospicuo incremento di flussi turistici, e quindi della pressione antropica sulla costa e nelle zone collinari. Se poi nel frattempo, da Paganico ad Arcidosso-Santa Fiora, fosse adeguata la strada regionale del “Cipressino”, a trarne benefici sarebbe anche l’Amiata. Inevitabile in questa prospettiva che dopo un quindicennio di sostanziale stasi, l’ammodernamento della viabilità rimetta in moto il mercato immobiliare. Con il ritorno prepotente delle pressioni per realizzare seconde case e quant’altro, in una logica speculativa di monetizzazione. Per questo, scongiurando d’inseguire gli eventi come quasi sempre succede, sarebbe opportuno iniziare subito una discussione seria sul modello di sviluppo turistico, almeno per i prossimi due decenni. Adeguando con meditazione gli strumenti di pianificazione urbanistica. Zone di espansione residenziale, aree destinate ai servizi pubblici, tipologie privilegiate di strutture ricettive (magari evitando la proliferazione di quei troiai di Rta e Cav). Da Monte Argentario a Follonica, passando per Grosseto, Castiglione della Pescaia e Scarlino i condizionamenti esercitati sulla politica saranno fortissimi. E il migliore dei mondi possibili sarebbe l’elaborazione di un “piano strutturale della costa” per salvaguardare un territorio tutto sommato ancora in equilibrio con la natura.
Stesso ragionamento andrà fatto rispetto alle altre vocazioni produttive. L’intersezione tra E78 e corridoio tirrenico può avere due esiti opposti per la città di Grosseto: o la nuova viabilità sancirà definitivamente la sua subalternità rispetto ai poli di Siena, Pisa/Livorno e Roma, drenando più in uscita che in entrata. Oppure diventerà un elemento di attrazione di investimenti, un fluidificante della mobilità sociale e un moltiplicatore di sviluppo. Perché questo succeda occorre da subito valutarne il potenziale di crocevia logistico, con l’individuazione di aree destinate alle attività produttive e ai servizi, preoccupandosi di non mettere il piede nella tagliola dello “sviluppismo” acritico. Perché nessuno sente il bisogno di cattedrali nel deserto o di anonime e desolanti aree commerciali che deperiscono in pochi anni. I rischi, in questo senso, equivalgono alle opportunità.
L’importante è che il viadotto del Farma non finisca per diventare il nostro ponte sul fiume Kwai. Che in Thailandia (aldilà della finzione cinematografica) durante la seconda guerra mondiale fu bombardato. E che oggi nella Toscana del sud potrebbe risultare un’opera effimera se servisse solo a chi vuol lasciarsi Grosseto alle spalle.
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