GROSSETO – È l’importazione del grano uno dei grandi nodi da sciogliere in merito all’accordo Ceta, che riguarda gli scambi tra Europa e Canada. E per questo la Coldiretti sta cercando di coinvolgere le istituzioni in una battaglia che va nel senso della qualità, della tracciabilità e della se salute dei cittadini, ma che non sarà facile. L’associazione che rappresenta gli agricoltori sta cercando di coinvolgere anche i sindaci, perché si facciano portavoce: «E’ importante il sostegno di tutti i primi cittadini della Maremma a questa mobilitazione» afferma il direttore provinciale Coldiretti Andrea Renna.
«Chiediamo di approvare una proposta di delibera da inserire nell’ordine del giorno nella prima Giunta utile delle rispettive amministrazioni per una discussione ed una condivisione dell’azione di Coldiretti per un commercio libero e giusto e per un’Europa libera dal Ceta». La battaglia è tra l’altro sostenuta e condivisa da molte associazioni di consumatori e ambientaliste come Cgil, Legambiente, Adusbef, Federconsumatori, Movimento Consumatori, Fairwatch e Greenpeace.
«Questo accordo è un regalo alle grandi lobby industriali dell’alimentare che colpisce il vero Made in Italy e favorisce la delocalizzazione, con riflessi pesantissimi sul tema della trasparenza, delle ricadute sanitarie e ambientali, oltre che occupazionali. Sebbene l’accordo autorizzi l’accesso al mercato canadese di 171 prodotti ad indicazione geografica dell’UE tra cui figurano 41 nomi italiani (rispetto alle 289 denominazioni Made in Italy registrate), queste dovranno coesistere con i marchi canadesi registrati».
«Il Ceta non elimina l’ambiguità in cui versano le indicazioni geografiche italiane – conclude Renna – al contrario interviene a vantaggio delle lobby su una situazione caratterizzata dal 90% per cento dei formaggi di tipo italiano consumati in Canada di produzione locale». A preoccupare la Coldiretti è soprattutto l’esportazione del grano «Si uccide il grano duro italiano con il crollo dei prezzi favorito dall’azzeramento strutturale dei dazi per l’importazione dal Canada, dove peraltro viene fatto un uso intensivo di glifosate nella fase di pre-raccolta, vietato in Italia perché accusato di essere cancerogeno».