GROSSETO – «La Cgil considera una propria vittoria l’introduzione dell’Ape social [Anticipo pensionistico sociale] e del pensionamento anticipato dei lavoratori “precoci”. Lo abbiamo chiesto per anni, portando in piazza centinaia di migliaia di persone. Contro il pensiero politico/economico dominante, quando venivamo considerati “disfattisti”». Così si legge nella nota della segreteria provinciale della Cgil.
«Quello che sta succedendo in questi ultimi tre giorni ci conferma quanto avevamo ragione a voler offrire l’opportunità di lasciare il lavoro un po’ prima a chi aveva iniziato a lavorare prestissimo, a chi svolge lavori usuranti o a chi si prendere cura dell’assistenza di familiari disabili. Per esempio. Da lunedì a oggi pomeriggio, non a caso, i nostri sportelli in provincia di Grosseto hanno già istruito 110 pratiche di Ape social e per i lavoratori precoci. Con un lavoro puntuale e celere da parte di tutti i nostri addetti, ai quali va il ringraziamento dell’organizzazione».
«Questo boom di richieste inatteso per dimensioni, però, ci dice anche un’altra cosa. E cioè che oggi le condizioni generali del lavoro sono talmente peggiorate, che, chi può, preferisce uscire immediatamente dal mondo del lavoro. Anche se ciò significa rinunciare a una quota di reddito da pensione, rispetto alla possibilità di andare un po’ più avanti negli anni, versare altri contributi e quindi avere un assegno pensionistico un po’ migliore. Per le categorie a cui è accessibile, infatti, anche se l’uscita anticipata non comporta penalizzazioni economiche dirette come per l’Ape volontario – che la Cgil ha sempre avversato – ciò significa comunque dover rinunciare ai vantaggi del periodo contributivo fino alla soglia di vecchiaia».
«Fino a pochissimi anni fa, tutti cercavano di rimanere al lavoro fino all’ultimo giorno utile. E in molti casi anche oltre. Oggi accade esattamente il contrario. E riteniamo che questo dipenda molto dal peggioramento generalizzato del clima nel mondo del lavoro: decurtazioni salariali, peggioramenti normativi come nel caso dell’Art. 18, precarizzazione spinta e flessibilità dei rapporti di lavoro portata al paradosso. In un clima culturale di caccia alle streghe, mortificazione del lavoro dipendente pubblico e privato, dilazione sine diem dei rinnovi contrattuali ricorrendo al ricatto occupazionale. Insomma il vasto campionario dell’ideologia neoliberista dominante, che punta a incrementare utili e produttività colpendo chi lavora. Come sempre – conclude la Cgil maremmana – il tempo è galantuomo. E gl’inganni vengono progressivamente smascherati».