Qui trovate tutte le puntate di #tiromancino: www.ilgiunco.net/tag/tiromancino/
Parte con puntuale ritardo in Maremma l’annuale discussione sulle ricette salvifiche per rilanciare il turismo. Tutti impegnati ad escogitar trappole per allungare la stagione, trattenere più a lungo i vacanzieri, fargli spender più quattrini. E con l’apertura delle cateratte la piena porta a valle di tutto un po’: idee buone e meno buone.
Uno dei mantra ricorrenti, e inconclusi, è quello della “valorizzazione del turismo culturale”. Anche l’assessore alla cultura del comune di Grosseto, Luca Agresti, lo ha rispolverato nella conferenza stampa di presentazione dell’Osservatorio turistico di destinazione (Otd) previsto dalla recente legge regionale, e della nuova ‘strategia’ comunale – parolona – per il turismo.
Al di là delle singole proposte oggettivamente poco rivoluzionarie, ai nuovi amministratori va fatta un’apertura di credito, perché la critica preventiva è tanto facile quanto sterile. Per quanto le passate esperienze amministrative di destra e sinistra non abbiano lasciato in città tracce memorabili di sé, alla stregua peraltro del contributo ininfluente degli operatori cittadini del comparto, rispetto alle sorti del turismo è conveniente provare a dare un contributo.
Se di cultura come motore del turismo grossetano (ma non solo cittadino) vogliamo parlare, fra i tanti deficit dell’offerta turistica del capoluogo maremmano c’è senz’altro la mancanza di un festival culturale che connoti Grosseto nel ricco e qualificato panorama regionale. Già nel 2009, infatti, l’Osservatorio italiano festival ed eventi culturali con la ricerca EffettoFestival censiva nel Belpaese 927 manifestazioni. Toscana al primo posto nella graduatoria per regioni, grazie ai suoi 119 festival tematici (al secondo posto con 113 l’Emilia Romagna).
A Lucca il Summer Festival e Lucca Comics; a Livorno Effetto Venezia; a Firenze il Maggio Musicale o il Festival dei Popoli (fra i tanti); sotto la torre del Mangia il Siena Jazz; a Prato il Festival delle Colline; a Pisa l’Internet Festival e il Pisa Book Festival; a Pistoia il Pistoia Blues; ad Arezzo Arezzo Wave; a Massa Carrara il Festival dell’Oriente. A Grosseto, unico capoluogo di Provincia, niente di niente in termini di connotazione culturale nella Toscana leader nazionale delle kermesse culturali. Con l’eccezione di Festambiente, che però è il festival di un’organizzazione nazionale che qui ha trovato sede per l’attivismo di uno storico nucleo locale dell’associazione. Tanti esempi parziali, che non danno fino in fondo conto del peso nella nostra regione del segmento di offerta turistica legato ai festival culturali. Che annoverano manifestazioni di valore assoluto anche sul piano nazionale: dal Festival pucciniano a quello della Val d’Orcia, passando per Barga Jazz o il Bolgheri Festival.
Mentre in provincia esistono esperienze di ottimo livello, da Foto Festival e Lirica in Piazza a Massa Marittima, a Gray Cat Music e Vox Mundi Festival, a Grosseto città è morte civile. Anzi no. Qui si è deciso di soffocare nella culla l’unica esperienza che prometteva bene come La Città Visibile, che oltretutto costa pochissimo ed è basata più sull’autoproduzione culturale che sulla spettacolarizzazione (non disdicevole) del mainstream nazionale o internazionale. Un’esperienza ancora gracile e in fieri, ma promettente.
Poiché nulla comunque è perduto, dato che nulla di strutturato e duraturo esisteva, forse è il caso di cominciare a progettare. Consci che per avere risultati soddisfacenti bisogna avere buone idee, nessuna frenesia e saper programmare almeno a medio termine. Con pazienza e investendo risorse, sia pubbliche che private. Avendo anche consapevolezza che le manifestazioni culturali di qualità hanno l’obiettivo di attrarre gente da fuori e contaminare le esperienze, ma non di gratificare il genius loci con iniziative da domenica del villaggio. Per cui, per capirsi, le vacche chianine in piazza Dante per la Fiera del Madonnino non possono essere scambiate per evento culturale turisticamente attrattivo.
Che intorno ai festival, oltre alla cultura, ci sia anche la ‘ciccia’ non c’è alcun dubbio. Sempre nel 2009 Federturismo (Confindustria) ha presentato il rapporto su “Arte, turismo culturale e indotto economico” elaborato da Price Waterhouse & Coopers. Secondo cui il Pil del turismo culturale sul totale dell’economia turistica italiana pesava per il 33%, con un valore pari a 54 miliardi di Euro. Valore inferiore rispetto al 39% della Spagna (pari a 79 miliardi di Euro) ma superiore al 28% del Regno Unito (pari a 57 miliardi di Euro) e al 31% della Francia (pari a 65 miliardi di Euro).
Dopo quell’anno, l’unico altro studio sull’indotto economico dei festival culturali – condotto dal prof. Guerzoni dell’Università Bocconi per conto della Fondazione Cassa di Risparmio di La spezia, che finanzia il Festival della Mente di Sarzana – risale al 2012 (riedizione del lavoro precedente del 2009). Considerato l’investimento complessivo intorno ai 400 milioni di euro, è stato quindi calcolato che i festival culturali generano 1,2 miliardi di indotto. Stimando che il rapporto tra investimenti e introiti per alcune manifestazioni può essere perfino di 1 a 7. Per quanto riguarda i costi, il budget medio è di circa 396.000 Euro, oscillante dai 50.000 dei piccoli festival agli 1-2 milioni dei più grandi. Con la netta prevalenza dei piccoli eventi dotati fino a 50.000 Euro (il 76% del totale). Le entrate, invece, sono costituite principalmente dai contributi pubblici, pari al 41,7% del totale, con più rilevanti contributi di imprese ed enti non profit (molto attive le fondazioni di origine bancaria), che raggiungono il 50,5%. Di scarso rilievo le entrate proprie (5,7%) in virtù di politiche di pricing che prevedono la gratuità di molti eventi,
Insomma, con la cultura a Grosseto in un futuro sarà anche possibile mangiare, ma prima bisogna apparecchiare la tavola. Con una bella tovaglia, delle belle stoviglie e delle belle posate. Sennò si fa una merenda all’orto, ma è un’altra cosa.