ROCCASTRADA – Hanno rimesso in piedi i pezzi di una vita, con piccoli gesti, hanno ricostruito un presente dignitoso a chi aveva perduto, in una sola notte, tutta la propria vita. Quanto costruito in decenni di duro lavoro. In una vita di affetti e amicizie. Silenziosamente, come spesso si muovono i volontari. Tanto lavoro, senza sentire la fatica, con l’unica soddisfazione di aver aiutato.
L’associazione Pubblica assistenza Sassofortino (ANPAS) è tornata da poco dalle zone terremotate, da Fiastra-Acquacanina per la precisione, dove hanno messo insieme un villaggio costruendo alcune casette in legno per chi non ha voluto allontanarsi dalla propria terra, dalla propria casa.
Una missione speciale, questa, per Riccardo Veglio, volontario roccastradino, che è partito subito per questa terra che gli è tanto cara, visto che da qui vengono anche i suoi nonni. La prima volta era il 5 novembre, l’ultima solo pochi giorni fa.
Riccardo ha instaurato un rapporto speciale con Francesco Pierini, 88 anni, l’ultimo carboniaio dei Sibillini. «Un personaggio che affascina per il suo comportamento rude tipico della montagna ma con una sensibilità e carisma fuori dal comune – Ricorda Riccardo -. e poi porta un nome che mi è caro perché legato al Santo Padre. Francesco, conosciuto da tutti come “il nonno”, vive da solo, (non ha ne moglie ne figli) e dopo il terremoto è stato più volte sollecitato, vista la situazione, ad abbandonare la casa e la sua terra… praticamente tutta la sua vita. Si è opposto con forza, anche nascondendosi alle autorità e al sindaco… opponendosi fermamente a quell’ordine “dato dall’alto” e dicendomi “cosa ne sanno loro…”. Da lì, da questa confidenza, è iniziato il nostro percorso insieme.»
Perché quando i volontari maremmani sono arrivati, quei paesi, erano deserti. Mancavano i servizi essenziali, la popolazione era stata trasferita negli alloggi al mare e gli unici a rimanere, oltre i volontari, erano i pastori e nonno Francesco. Arrivate le prime tre casette in legno è stato subito chiaro che una non poteva che essere per lui. I volontari si sono messi subito al lavoro per montarla e ridare dignità(e un tetto nella sua terra) a questo uomo piccolo e forte.
All’inizio l’anziano non sa chi sono, quando li vede arrivare pensa che lo vogliano portare via dalla sua terra «Ci è venuto incontro col pennato» ricorda Riccardo. «Quando ha capito che eravamo lì per aiutarlo tutto è cambiato. Abbiamo montato la sua dimora e voilà… dentro al calduccio. Da li in poi è iniziato il nostro rapporto quotidiano fatto di assistenza e collaborazione… gli portavo il pranzo, la cena, la sua immancabile aranciata, ascoltavo i suoi bisogni e lui… mi ripagava con la fiducia ed un sorriso. Per me è stata una esperienza bellissima che si è ripetuta anche a dicembre (in totale due settimane) lasciandomi qualcosa nel cuore e rispolverando i ricordi di bambino legati a mio nonno paterno, originario di quei posti… ed è proprio così… in Francesco ho rivisto proprio lui, la sua figura…».
Un rapporto speciale, un legame che, probabilmente, proseguirà nonostante la distanza.