FIRENZE – Turbativa d’asta e corruzione: sono questi i reati per cui è stato arrestato Andrea Corti, direttore generale dell’Ato Toscana Sud. Corti è finito ai domiciliari nell’ambito dell’inchiesta per il maxi appalto da 3,5 miliardi di euro per la gestione dei rifiuti ad Arezzo, Siena e Grosseto. Le misure cautelari (quattro in tutto, oltre Corti tre professionisti toscani sono stati interdetti dai pubblici uffici) sono state emesse dal gip Matteo Zanobini del Tribunale di Firenze, su richiesta della locale Procura della Repubblica, diretta dal procuratore capo Giuseppe Creazzo.
L’inchiesta era mirata a verificare la correttezza delle procedure per l’aggiudicazione di una gara d’appalto relativa all’assegnazione del servizio per la gestione integrata dei rifiuti urbani nelle Province di Arezzo, Siena e Grosseto a favore di un Raggruppamento Temporaneo d’Impresa (R.T.I.) per l’importo di oltre 170 milioni di euro all’anno ed avente una durata ventennale (con un costo totale di quasi 3,5 miliardi di euro).
Le indagini sono state svolte dalla guardia di finanza. «Questa è un’altra tappa del tentativo di combattere la corruzione in ambito pubblico – afferma Creazzo -, fenomeno da cui pare che nemmeno in Toscana si sia immuni. Il direttore generale dell’Ato Toscana sud ha fatto mercimonio delle proprie funzioni pubbliche al fine di favorire un intreccio di intese davvero sconcertante a vantaggio dell’aggiudicatario dell’appalto e traendone vantaggi personali. Ha agito nonostante le incompatibilità funzionali. Controllati e controllori agivano insieme per raggiungere il risultato comune di far ottenere l’appalto ad un preciso raggruppamento di imprese».
Il procuratore aggiunto di Firenze, Rodrigo Merlo, parlando delle indagini della guardia di finanza, ha riferito che «l’inchiesta è partita dalla nota di un anonimo indirizzata a questa procura, alla finanza e alla Corte dei conti. Sono scritti che spesso non vanno molto al di là del pettegolezzo quelli anonimi, ma stavolta c’erano informazioni di dettaglio che non potevamo trascurare. Così la guardia di finanza, partendo da fonti aperte, materiali reperiti su Internet, ha dato il via alle indagini», iniziata nel 2014, mentre la gara di appalto era stata bandita nel 2010 e assegnata nel 2013. «È emerso che l’appalto ha favorito un privato da parte di una realtà pubblica – ha aggiunto Merlo – quando invece sarebbero dovuti sussistere criteri di imparzialità per evitare commistioni e conflitti di interessi».
«I guadagni illeciti emersi all’esito delle indagini di cui ha beneficiato il direttore generale dell’ATO Toscana sud – si legge nella nota dell Guardia di Finanza – sono stati quantificati in totale in oltre380 mila euro, “compenso” che era stato giustificato contabilmente dagli imprenditori che si erano aggiudicati l’appalto facendoli figurare quali costi sostenuti (fittiziamente) per incarichi di prestazione d’opera professionale o per collaborazione e consulenza».