GROSSETO – «Con la nomina di Francesco Mori alla presidenza della Fondazione Grosseto Cultura e le dichiarazioni che ne sono seguite – da parte del neopresidente, così come da parte del sindaco e dell’assessore alla Cultura – è emersa l’assenza di un qualsivoglia progetto politico culturale, con la volontà (neppure tanto malcelata) di un ridimensionamento, se non addirittura di uno smantellamento della stessa Fondazione». I consiglieri comunali di centrosinistra Lorenzo Mascagni, Carlo De Martis, Manuele Bartalucci, Marilena Del Santo, Ciro Cirillo, Rinaldo Carlicchi, Marco Di Giacopo, Catuscia Scoccati intervengono sulla situazione della Fondazione Grosseto cultura all’indomani delle dimissioni di Giuseppe Chigiotti e della nomina di Mori.
«Solo qualche giorno fa, con le dimissioni del presidente della Fondazione Grosseto Cultura, registravamo il fallimento del nuovo corso che il sindaco e l’assessore alla Cultura avevano inteso imprimere alle politiche culturali della nostra città – proseguono i consiglieri di opposizione -. Era il fallimento non solo dell’idea stereotipata di una Grosseto culturalmente mediocre e ‘da redimere’, ma anche dell’idea che la cosa pubblica possa essere amministrata rifuggendo il confronto con la complessità delle diverse anime che animano una comunità».
«Vale la pena rammentare – continua la nota – che la Fondazione Grosseto Cultura, nata nel 2008 per gestire per conto del Comune alcuni servizi culturali (l’Istituto musicale, il Museo di storia naturale, il Cedav), dal 2014 è una ‘fondazione di partecipazione’ aperta all’adesione di soggetti privati. Ad oggi hanno aderito a questo progetto circa 500 ‘soci sostenitori’, tra i quali importanti partner privati, e cinque ‘soci aderenti’ che condividono con il Comune la responsabilità della nomina degli amministratori, del controllo della gestione e del sostegno finanziario della Fondazione».
«Per il nostro territorio si tratta di un’esperienza inedita che ha consentito alla Fondazione di andare oltre la pura gestione dei servizi a suo tempo trasferiti dal Comune – scrive la minoranza -, innescando processi partecipativi virtuosi ed individuando forme di autofinanziamento che hanno condotto all’elaborazione di un’offerta culturale significativa per qualità e quantità, senza aggravi per il bilancio pubblico ed anzi consentendo di alleggerire l’impegno finanziario del Comune. Grazie a tutto questo la Fondazione oggi è un soggetto riconosciuto, riconoscibile e insediato a pieno titolo nella realtà sociale e civica della città».
«Il rischio di un progressivo smantellamento della Fondazione Grosseto Cultura porta allora con sé non solo il rischio di maggiori oneri per le casse comunali (a meno che non si pensi di chiudere alcuni servizi), ma anche il rischio di un più complessivo smantellamento delle politiche culturali nella nostra comunità – affermano i consiglieri -. Certi timori sono d’obbligo, e nascono innanzitutto da una direzione politica quantomeno confusa e contraddittoria. Se è vero come è vero che il presidente della Fondazione deve avere la capacità di intercettare fondi privati, al contempo riuscendo a conciliare le varie anime del panorama culturale locale, il curriculum professionale del nuovo presidente, in uno con il suo pedigree culturale, per come dal medesimo sbandierato sui social network, non possono che indurre qualche perplessità rispetto alla scelta compiuta dal sindaco».
«Tra l’altro solo qualche settima fa, all’indomani della Notte Visibile della Cultura, evento di punta della Città Visibile, il sindaco elogiava pubblicamente la Fondazione Grosseto Cultura, il suo presidente e il direttore di Clarisse Arte, mentre oggi sconfessa se stesso nominando a presidente una figura che si è sempre posta in modo conflittuale (per usare un eufemismo) con la stessa Fondazione Grosseto Cultura e, particolarmente, proprio con il progetto della Città Visibile. A nostro parere – il neo presidente della Fondazione non ce ne voglia – la cultura non è un territorio circondato da confini, quanto invece l’area migliore per il confronto ed il dialogo tra le differenze.»
«Non siamo una città disabitata dalla cultura, e questa amministrazione non può piegare le politiche culturali, come sembra che stia facendo, per offrire una rappresentazione del tutto parziale della società, o peggio ancora per affermare una determinata ideologia, magari oscurantista, intollerante e chiusa alle libere espressioni della creatività. La Fondazione ha fin qui manifestato di avere un’anima chiara e leggibile, proponendosi come uno spazio libero, luogo di identificazione e di ricerca di valori comuni e condivisi per tutti coloro che la frequentano e, più in generale, per l’insieme della comunità. Confidiamo che questa esperienza non venga interrotta né mortificata – concludono -, sarebbe un danno irreparabile per la nostra città».