Alla fine Davide potrebbe convivere con Golia, senza spargimento di sangue.
Tutti hanno una gran paura degli effetti sulla rete commerciale cittadina per l’arrivo del superstore di Unicoop Tirreno. I più a rischio sono i piccoli negozi di vicinato, dicono, ma rischiano la pelle anche le superfici di vendita della media distribuzione. C’è poi la questione del centro storico della città, dove ora sopravvivono prevalentemente attività di ristorazione.
Eppure lo sbarco in forze di Unicoop Tirreno potrebbe costringere la rete commerciale cittadina a fare il salto di qualità fino ad oggi rinviato, adeguandosi meglio alle esigenze dei consumatori e riorganizzandosi in poli d’attrazione commerciale nei diversi quartieri cittadini.
La strada maestra, sulla base di esperienze maturate in tante città, è quella dell’aggregazione per centri commerciali naturali, con servizi comuni alla clientela e progetti di animazione in grado di attirare gente. La vocazione di Unicoop Tirreno, d’altra parte, è anche quella di attrarre clienti da tutta la provincia e dai territori limitrofi, puntando su grandi numeri e kermesse commerciali. I vasti spazi coperti all’interno della cittadella del commercio danno infatti un indubbio vantaggio alle attività che là si sono insediate.
Questo mette i tradizionali negozianti cittadini di fronte a un aut-aut: cambiare per non morire. Ma è un’impresa possibile, nella misura in cui si riuscirà a reinventare gli standard commerciali ai quali Grosseto è abituata.
Gli esempi positivi non mancano. Come a Barbanella, dove si è sviluppato un vivace polo commerciale intorno alla piazza che dà su viale Giusti. Oppure nel quartiere Pace, sull’asse che, lungo l’omonima via, congiunge la chiesa del Sacro Cuore a piazza Volturno e piazza Fabbrini (del tribunale). Certo, bisognerà aguzzare l’ingegno e magari specializzarsi. Ma solo così si potrà arginare la moria dei negozi di vicinato.
Discorso a parte merita il centro cittadino. Qui, nonostante ce ne fossero le condizioni, i commercianti non sono mai stati in grado di fare fronte comune. Al massimo qualche notte bianca, bruttina e con poco appeal se non un po’ di negozi aperti dopocena. Ognuno avrà avuto le sue colpe. Fatto sta che per scarsa propensione all’investimento (lungimiranza) è mancato un disegno che resuscitasse il centro storico.
Ora saranno costretti a farlo, pena l’essere annichiliti dal gigante del Commendone. Ma se qualcuno pensa di risolvere tutto con quattro saltimbanchi e qualche Dj dislocata qua e là, rischia di avere un brutto risveglio.
Il centro cittadino avrebbe tanto bisogno di manifestazioni all’insegna della cultura e del bon vivre. Piazze d’Europa, da questo punto di vista, è solo un palliativo. Il modello di riferimento dovrebbe essere quello de ”La Città Visibile” che tanta gente ha risucchiato dentro le Mura, attratta da un’offerta culturale allo stesso tempo di qualità e popolare. E non sarebbe male che il Comune ci mettesse del proprio, perché i tagli del nastro dei mercatini alimentari sono un rituale oramai consunto, e inefficace.
Più o meno, se queste condizioni saranno soddisfatte, Davide non avrà bisogno di provare ad ammazzare Golia. Anche perché a questo giro non ce la farebbe. Una bella coppia di fatto. E la rete del commercio tradizionale potrà convivere con la cittadella dello shopping di Unicoop Tirreno, senza inutili conflitti ideologici.