GROSSETO – Uno studio sullo scompenso cardiaco, che ha coinvolto la gran parte dei reparti di Medicina interna degli ospedali toscani e coordinato dalla Medicina interna del Misericordia di Grosseto.
I risultati saranno presentati al congresso “Heart Failure 2016”, il più grande evento internazionale sull’insufficienza cardiaca, che si terrà a Firenze dal 21 al 24 maggio, dove esperti provenienti da tutto il mondo si confronteranno e si scambieranno idee sull’impatto di questa patologia e sui nuovi sviluppi clinici e farmacologici.
La relazione è a cura del direttore della Medicina interna dell’ospedale di Grosseto, Valerio Verdiani, che ha coordinato lo studio, in collaborazione con la propria equipe.
La ricerca, promossa dalla Federazione delle associazioni dei dirigenti ospedalieri internisti (FADOI) della Toscana nel 2014, infatti, è stata condotta su 770 pazienti con scompenso cardiaco,. In sostanza, ogni struttura di Medicina interna toscana aveva a disposizione un database, all’interno del quale sono stati via via inseriti, in un arco di tempo determinato, i dati relativi ai pazienti con scompenso cardiaco, quali gravità della patologia, terapia somministrata, decorso e follow up.
Una prima sintesi generale è stata presentata dal dottor Verdiani, già lo scorso anno al congresso “Heart failure 2015”, che si è svolto a Siviglia. Quella che sarà proposta a Firenze, invece, è stata riformulata sui pazienti più anziani, con particolare riferimento agli ultra85enni, che rappresentano ben il 47% della casistica, evidenziando le differenze di gestione e trattamento rispetto alle fasce di età più giovani.
“Lo scompenso cardiaco, del resto, è in costante aumento nei Paesi avanzati – spiega il dottor Verdiani – in considerazione dell’incremento della vita media e del conseguente invecchiamento della popolazione; nonché del miglioramento delle terapie nei pazienti con cardiopatia ischemica, che sopravvivono più a lungo all’evento acuto, come l’infarto, ma possono andare incontro, nel tempo, all’insufficienza cardiaca.
A questo proposito – aggiunge – bisogna considerare che il 75% dei pazienti con questo problema si ricovera in Medicina interna. Lo scompenso cardiaco, infatti, non deve essere considerato una patologia solo del cuore, sia per le caratteristiche fisiopatologiche che coinvolgano più organi, sia per il fatto, come abbiamo rilevato nello studio, che è sempre più spesso associato a molteplici altre patologie. In sostanza, è una condizione clinica che sempre di più richiede le competenze degli internisti.
I risultati emersi da questa importante ricerca, offrono agli specialisti informazioni fondamentali per migliorare ulteriormente la gestione e la cura dei pazienti affetti da scompenso cardiaco”.