GROSSETO – «Sull’Amiata sono finiti gli alibi per tutti. Bisogna prenderne atto e ricominciare da capo. Senza coltivare il retropensiero, però, che oggi si possa pensare a una soluzione prevalentemente basata sull’intervento pubblico. Solo così le comunità della nostra montagna troveranno la strada per uscire dall’imbuto della crisi, nel quale in questi giorni sono state definitivamente inghiottite Floramiata e Nuova Rivart». È una disamina dura quella del segretario generale della Cgil, Claudio Renzetti.
«Di fronte alla perdita secca di tanti posti di lavoro – spiega Renzetti – la prima cosa da fare è attivare gli ammortizzatori sociali per garantire i mezzi di sussistenza ai lavoratori e alle loro famiglie. E su questo ci aspettiamo che la Regione Toscana faccia presto e bene la propria parte. Ma bisogna avere chiaro che questo sarà solo un passaggio intermedio, di breve durata. Nelle more del quale bisogna subito fare scelte che consentano nel tempo di ricreare posti di lavoro stabili, tenendo presente che il “Progetto Amiata” nato negli anni 80 per fronteggiare la chiusura delle miniere, ha alternato eccellenze a fallimenti clamorosi, proprio perché non c’è stata dietro una vera logica imprenditoriale.
Per la Cgil è essenziale che nell’accordo di programma sull’agroalimentare di cui si parla per la Maremma, anche se finora con poco costrutto, rientri anche il territorio dell’Amiata. Ed è essenziale che i veri protagonisti siano le imprese e le idee imprenditoriali, con un ruolo di facilitatori da parte di Regione ed Enti Locali.
Al tessuto istituzionale, a mio avviso, spetta un compito diverso da quello dell’intervento economico. La prima urgenza è quella di ridurre la frammentazione istituzionale, perché è oramai evidente che l’esperienza delle Unione di Comuni mostrano debolezze e contraddizioni. C’è quindi la necessità di una riduzione secca del numero degli Enti locali dell’Amiata, rinunciando ad anacronistici campanilismi e partendo dai bisogni del cittadino, facendo salvi i posti di lavoro. Così come bisogna che la montagna smetta di continuare a pensare di essere una realtà divisa in due, versante grossetano e verdante senese. Come, fra le altre, hanno dimostrato le vicende di Rivart e Floramiata, i confini amministrativi attuali non tengono conto delle reali relazioni economiche e sociali.
Infine, riprendo l’argomento delle infrastrutture. Senza l’adeguamento di Amiatina e Cipressino, le attività produttive della montagna non avranno futuro. Se ne parla oramai da troppo tempo, senza che si assumano le responsabilità conseguenti. Illusorio pensare che la Regione da sola possa finanziare l’opera, che costerebbe a oggi quasi 50 milioni. Per questo bisogna rompere gl’indugi e concentrare le risorse che sull’Amiata distribuisce Enel Green Power dove ha le concessioni per la geotermia. Ciò significa che bisogna evitare che quelle risorse si disperdano in tanti rivoli, senza dare alcun contributo alla soluzione del vero e principale problema dell’accessibilità della Montagna a persone e merci».