FIRENZE – Puliranno piazze, vie e giardini, magari le sponde dei torrenti: d’accordo con Comuni ed anche i consorzi di bonifica. Già in parte lo stanno facendo. Garantiranno l’apertura di spazi pubblici ora chiusi oppure aiuteranno a tenere in ordine un pezzo di via Francigena. Non da soli, ma assieme (spesso) ai toscani che abitano quei luoghi. Da volontari, ricambiando l’ospitalità ricevuta: profughi, richiedenti asili e residenti, tutti assieme.
Accoglienza diffusa e voglia di integrazione in Toscana si declinano così. Accade dall’estate, altri progetti stanno nascendo e il protocollo firmato oggi a Palazzo Strozzi Sacrati a Firenze da Regione, Prefettura di Firenze (per conto di tutte le prefetture) ed Anci, ovvero l’associazione dei comuni toscani, mette nero su bianco procedure da adottare e risorse a disposizione. Protocollo che stanno firmando anche associazioni di volontariato e cooperative che gestiscono in questi mesi l’attività di accoglienza.
La Regione garantirà in particolare fino ad un massimo di 100 euro, una tantum, per profugo-volontario: per la formazione, l’acquisto del vestiario necessario, la responsabilità civile verso terzi e l’assicurazione contro eventuali possibili infortuni, per cui le associazioni potranno comunque ricorrere (in alternativa) al fondo già attivo presso l’Inail. I soldi andranno ai Comuni e la Regione ha stanziato per adesso 100 mila euro.
I numeri e l’accoglienza diffusa – Sono quasi 5.900 ad oggi i richiedenti asilo e profughi ospiti dall’anno scorso in Toscana, distribuiti in 415 strutture sparse in tutte e dieci le province: quattordici profughi in media per struttura, spesso anche di meno e raramente più di venti, con più di centoventi associazioni e cooperative coinvolte.
Aspettano di sapere se la loro richiesta di asilo sarà accettata. Ma spesso passa più di un anno, dopodiché devono lasciare il centro che ha dato loro rifugio. Per rendere questo periodo fruttuoso in Toscana si organizzano corsi di italiano, si prova ad insegnare a questi ragazzi, spesso giovani o giovanissimi, un possibile mestiere. Si impara a conoscerli e si cerca di far conoscere il Paese che li ospita: per una migliore integrazione. E per non stare a guardare il soffitto per un anno e ricambiare in parte quanto ricevuto, questi ragazzi lavorano pure. In modo volontario, s’intende. Senza obblighi.