MAGLIANO IN TOSCANA – «La scuola è stata costruita nel 1964 e quando sono stati uccisi i ragazzi ancora non c’era: mi pare chiaro che qualcuno ha preso un abbaglio» Diego Cinelli, il sindaco di Magliano in Toscana, è indignato e stanco degli attacchi. «Questa decisione è stata presa in maniera corale e ponderata, senza dimenticare gli eventi storici avvenuto in quei luoghi. Quella scuola è stata costruita o dal Comune o dall’Ente Maremma, stiamo ancora indagando, e non era lì che sorgeva la scuola negli anni 40. La scuola allora erano due stanze all’interno dell’Andrei, proprio dove ora sorge la cucina del ristorante, lì era la famosa lavagna, e i ragazzi furono trucidati dove poi è stata costruita la chiesa a due passi da un piazzale in cui ora si balla».
Il sindaco porta a sostegno della sua tesi documenti e alcune cartine della zona. In due, una del ’54 e l’altra del 2013, si vede la particella di terreno dove ora è la scuola (la numero 61) vuota negli anni ’50 e con l’edificio nel 2013.
Sino a pochi mesi fa nella ex scuola abitava un uomo con alcuni problemi, dentro ci sono ancora i suoi mobili. Davanti alla scuola sorge invece il monumento che ricorda l’eccidio. E da qui, secondo l’amministrazione, potrebbe essere nato l’errore. «Sono stato io che per la prima volta ho riportato la lavagna (che è custodita nella stanza del sindaco di Grosseto) in consiglio comunale, e ho avuto i brividi quando l’ho vista per la prima volta – prosegue Cinelli -. Ieri ho parlato al telefono con il sindaco di Grosseto, Emilio Bonifazi, che è un uomo delle istituzioni e conosce le difficoltà che vivono i comuni piccoli. Come Magliano. Ma non è per questo che viene venduta, non perché siamo in diffcioltà economiche, ma perché non è la scuola dell’eccidio».
«Mi è stato dato dell’ignorante, ma darlo a me è darlo a chi è con me e a chi ci ha votato. Noi siamo stati eletti democraticamente, il signor Sabatini se ne faccia una ragione: non c’è stato un colpo di stato, si preoccupi del candidato fallimentare che hanno messo in campo. A Rocchi, Marras e Cgil che parlano di una prova di forza dico: c’è stato un consiglio comunale che ha preso questa decisione. E in quel consiglio comunale – puntualizza il primo cittadino – Eva Bonini e il suo gruppo dove erano?».
«Noi la storia la conosciamo: il processo non è stato fatto nella attuale scuola che non c’era, ma in due stanze dove in seguito, un altro sindaco ha permesso di fare la cucina di un ristorante». Precisa ancora il sindaco che poi racconta l’impegno per ripristinare il monumento. Il 28 settembre arriverà la sovrintendenza, proprio per valutare i lavori da fare che l’amministrazione ha stimato in circa 20 mila euro. «Mi chiedo – domanda il sindaco – fare magari un memoriale, e spendere centinaia di migliaia di euro per farlo viositare a tre persone il giorno della commemorazione è opportuno? Oppure lasciarlo così e vederlo cadere».
L’assessore Mirella Pastorelli poi parla di mera strumentalizzazione «Questa gente è in malafede. Ma poi, una scuola tenuta in quel degrado cosa rappresenterebbe? Che simbolo è? Io credo piuttosto che sia vergognoso che ogni sabato d’estate si balli su quel piazzale dove sono stati fatti uscire quei ragazzi per poi essere fucilati, davanti alla chiesa che allora non c’era ancora. E questo perché le passate amministrazioni hanno dato il permesso per farlo». Poi Pastorelli apre uno spiraglio di distensione. «Se tutte le forze politiche, se le associazioni, si uniscono e riescono a farne un museo, un memoriale o una biblioteca, con le risorse per tenerlo aperto, liquidando anche il comune, è una cosa di cui si può discutere».
Il capogruppo di maggioranza Amanda Vichi, rivendica come la scelta sia stata presa in maniera concorde da tutta l’amministrazione «Poi essendo stato costruito negli anni 60 non ha valore simbolico». I cittadini sarebbero a fianco dell’amministrazione, tanto che, sempre secondo Cinelli, solo 5 maglianesi avrebbero votato la petizione on line promossa da Leonardo Marras.
«Il problema è solo di natura politica – conclude il sindaco -. Circa 20 anni fa a Montiano al parco della Rimembranza ogni cipresso aveva una targhetta con il nome di un caduto in guerra; c’era una chiesina, ora fatiscente, con dentro due lapidi dei caduti delle due guerre. Il sindaco di allora, Giancarlo Tei, quando ha ristrutturato la piazza a Montiano ha preso le targhe e le ha portato lì. Ora abbiamo un parco rimembranza che fa schifo, pini e cipressi non ci sono più. Allora nessuno ha detto nulla. Io non rinnego la mia cultura, ma siamo una lista civica e siamo qui per l’interesse dei cittadini: tutte queste manfrine, queste etichette di sindaco fascista le rispedisco al mittente. Se votassimo ora prenderemmo ancora più voti».