GAVORRANO – Buso non ci sta. Per commentare la sentenza depositata in lega con la quale viene disposta la sua squalifica (sei giornate), l’allenatore del Gavorrano replica con una dichiarazione pubblicata sul suo sito internet ufficiale www.renatobuso.it e parla chiaro.
«L’arbitro – scrive Buso sulle pagine del sito – ha assolutamente dichiarato il falso in tutti i punti descritti. Mi difenderò nelle sedi opportune e richiederò anche il permesso alla Federazione ad agire per vie legali per diffamazione. Tengo molto alla mia immagine e, leggere nella sentenza che mi viene attribuita una “parola blasfema”, mi fa inorridire. Credo sia opportuno far capire che tutto ciò non è avvenuto. Questo non solo perché lo dichiara il sottoscritto ma anche perché insieme a me erano presenti altre persone tra cui il Direttore Sportivo e altri dirigenti. Visto il referto, che mette in causa proprio i nostri dirigenti, saranno loro a testimoniare ciò che hanno visto e quello che è realmente accaduto. Sono profondamente deluso perché può bastare una persona, non tanto un arbitro, per ledere un’immagine di grande professionalità. Io non accetto che la serietà che ho dimostrato nei miei 27 anni di carriera nel calcio venga intaccata o messa in discussione con false asserzioni. La cosa più incredibile è che mi vengono attribuite, oltre all’espressione blasfema, frasi irriguardose e iltentativo di trascinare l’assistente arbitrale verso gli spogliatoi quando, in realtà, non ho neppure offeso né l’arbitro né l’assistente arbitrale».
Il provvedimento del giudice sportivo depositato poi in lega comporta la squalifica di mister Buso per sei giornate. Questo il testo pubblicato sul sito internet della Lega Pro: «perché al termine del primo tempo di gara rientrando negli spogliatoi avvicinava l’arbitro e dopo aver pronunciato una espressione blasfema, rivolgeva allo stesso una frase irriguardosa; lo stesso ripeteva il predetto comportamento anche nei confronti di un assistente arbitrale che afferrava per un braccio cercando di trascinarlo verso gli spogliatoi, a ciò impedito dall’intervento dell’arbitro e dei propri dirigenti».