GROSSETO – L’olio extravergine di oliva italiano “di qualità” è poco meno del 40% del totale (39,2%): per un valore di circa 1,8 mld di euro. “Di qualità”, secondo la definizione di Symbola e Crea – Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’economia agraria – non significa solo qualità organolettica, ma soprattutto frutto di una filiera che, in tutti i suoi passaggi, dalla terra, alla molitura, alla distribuzione, riserva le giuste attenzioni verso l’ambiente, il capitale umano, la gestione delle risorse e dei rifiuti, che riduce i fitofarmaci, adotta certificazioni, rispetta i parametri di qualità salutistica.
Lo dice il primo PIQ – Prodotto interno qualità sulla filiera oleicola, realizzato da Fondazione Symbola e Crea in collaborazione con Coldiretti e Unaprol presentato nel padiglione Coldiretti all’Expo di Milano, nel convegno dal titolo “L’olio italiano e la sfida della qualità – Il PIQ della filiera oleica: per identificare, misurare, difendere”, che intende illustrare la produzione di olio in Italia, divisa tra eccellenze e grandi problematiche.
Per misurare la qualità della filiera, Symbola e Crea in collaborazione con Coldiretti e Unaprol hanno messo insieme 102 indicatori che rappresentano il più completo set informativo sulle diverse fasi produttive dell’olio. Alcuni dimostrando tendenze positive, come il contenimento dei costi di consumo dell’acqua, la certificazione biologica, la quota di olio recuperato sul totale distribuito, che vengono soppesati con segnali d’allarme quando nella filiera qualcosa non torna.
Attualmente si osserva dunque una polarizzazione del marcato: da una parte troviamo le imprese che scelgono la qualità, e fanno crescere il valore del loro prodotto; dall’altra ci sono quelle che, in difficoltà, tagliano sulla qualità puntando alla quantità.
“Un esempio di eccellenza per la qualità – commenta Andrea Renna, direttore di Coldiretti Grosseto – è l’Olma, Collegio toscano degli olivicoltori , che nello scorso anno, nonostante il periodo di crisi, ha prodotto 6398.5 quintali di olio di cui 4576.16 quello conferito, per un valore di produzione totale di 3.203.312,00 euro. Questo è sintomatico di come scegliendo la qualità e la tipicità dei prodotti il valore di essi si accresce notevolmente”.
La diversità tra un olio di qualità e uno economico sta nel sapore, ovviamente, e anche in parametri importanti come i polifenoli, lo squalene, il rapporto acido oleico/linoleico sui quali i diversi olii hanno valori che possono essere variare anche molto.
“L’obiettivo – continua Renna – che ci si pone è invece quello di stimolare il paradigma dell’economia della qualità, secondo cui a minor quantità corrisponde un maggior valore dei prodotti”.