GROSSETO – Si chiama “Casa di Elia” l’appartamento che la Diocesi di Grosseto, attraverso la Caritas, ha allestito al centro giovanile “Frassati” (via degli apostoli-zona tiro a segno), nel capoluogo maremmano, per metterlo a disposizione di padri separati in situazione di momentanea difficoltà economica.
La struttura è stata inaugurata venerdì 19 giugno. Nelle diocesi della Toscana è la seconda struttura di questo tipo, dopo “Casa Francesco” inaugurata a Prato lo scorso gennaio.
Perché una casa per padri separati – Il vescovo Rodolfo, nella lettera inviata alla diocesi lo scorso marzo, in un momento in cui anche a Grosseto sembrava acuirsi la tensione sociale ed avere la meglio sentimenti di paura, diffidenza, chiusura, rigetto, ha cercato di rimotivare tutti ed ognuno all’apertura del cuore, alla generosa accoglienza e a declinare in modo nuovo l’amore per ogni uomo.
In quella lettera, mons. Cetoloni annunciava la decisione della Diocesi, da un lato di mettere a disposizione Casa Betania per rispondere ad una eventuale richiesta di accoglienza, da parte della Prefettura, di profughi in fuga dai loro paesi, dall’altro di allestire un appartamento che potesse fungere da abitazione provvisoria per padri separati, espressione di quelle povertà locali nuove, di cui la Chiesa si sta facendo carico attraverso la Caritas diocesana e quelle parrocchiali.
Ampliamento del progetto “Famiglie solidali” – La casa per padri separati rappresenta l’ampliamento ulteriore del progetto-pilota della Caritas diocesana “Famiglie solidali”, assunto a modello anche da Caritas nazionale. Da oltre due anni, infatti, la Caritas accoglie nuclei familiari in momentanea situazione di disagio e difficoltà economica in alcuni alloggi in via Adriatico e in via Goldoni, prevedendo per loro non solo un sostegno di tipo materiale, affinché possano rimettersi in carreggiata e riprendere una vita normale, ma anche un accompagnamento nella relazione. 15 famiglie della diocesi, infatti, si affiancano a quelle ospitate da Caritas (tre famiglie per ogni nucleo ospite) per ricreare una rete di relazioni di amicizia, determinanti per ritrovare fiducia, stima e autonomia. Coordinatrice del progetto è Virginia Roberto, mentre attualmente i coniugi Andrea e Alessandra Righini sono la coppia referente del gruppo delle famiglie affiancanti.
Adesso il progetto si allarga ai padri separati – “Abbiamo desiderato inaugurare questa casa a pochi mesi dall’apertura del Sinodo ordinario dei Vescovi dedicato alla famiglia e a pochi mesi dal V Convegno della Chiesa italiana, in programma a novembre a Firenze, sul tema del nuovo umanesimo in Gesù Cristo – spiega il vescovo Rodolfo – La nostra comunità diocesana si è preparata e continua a prepararsi a questi due momenti straordinari di cammino ecclesiale e vuol farlo anche attraverso gesti che siano segno del nostro profondo desiderio di abitare questo tempo per annunciare la forza liberante del Vangelo, attraverso la via dell’educare alla vita buona che propone Gesù, uscendo incontro all’umanità di oggi con le sue ferite e le sue lacerazioni, per trasfigurare con la potenza dell’amore e della misericordia. Questa casa non è la soluzione – conclude il vescovo – ma vuol essere un segno di attenzione sincera alla famiglia anche nelle sue fragilità, nelle sue ferite, perché si trasformino in feritoie, varchi di luce e di speranza. Noi alla speranza che non delude ci crediamo ancora…”.
Perché “Casa di Elia” – Il nome dato all’alloggio prende spunto dalla vicenda umana e spirituale del profeta Elia, così come narrata nel I e II libro dei Re. La storia di Elia è quella di un uomo “messo fuori”, ai margini. Per un po’ riesce a sopravvivere grazie ad un intervento provvidenziale (“I corvi – si legge nel I libro dei Re – gli portavano pane al mattino e carne alla sera”) e grazie all’acqua di un torrente. Ma anche questa finisce. Trova allora accoglienza presso la casa di una vedova povera, allo stremo, che, pur constatando che ormai ha solo la farina e un po’ di olio per sfamarsi insieme a suo figlio e poi morire, ha la generosità di fare prima una piccola focaccia per Elia. Questo fa sì che la farina non finisce nella madia e l’olio non si esaurisce nell’orcio. Al momento in cui in quella casa una malattia mortale colpirà il bambino, Elia pregherà Dio e con un gesto rituale drammatico di sostituzione (si offre tre volte a Dio perché il bimbo riviva), lo riconsegna alla madre salvo.
La struttura – La “Casa di Elia” si trova al primo piano dell’ala destra del centro Frassati. La casa è dotata di una sala comune con due divani, pareti colorate, un tavolo, un mobile con la tv e due ampie terrazze. In una è stata collocata la lavatrice. C’è poi un vano cucina con tavolo, stoviglie e tutto quanto occorre per l’uso quotidiano. Infine due camere da letto, ciascuna con bagno interno. Nelle camere è possibile anche far dormire i figli, così da ricreare il più possibile uno spazio di tenerezza e di intimità familiare.
“Siamo davvero felici di aggiungere questo tassello ai servizi che la Caritas offre – commenta don Enzo Capitani – Il merito è di tante persone e del desiderio condiviso di porsi sempre di più con un atteggiamento di ascolto misericordioso ed essere quei locandieri di cui parla la parabola del buon samaritano, che si prendono cura dell’uomo ferito. Oggi le fragilità sono molteplici e quelle di molti padri separati ne sono una dimensione; noi vogliamo curarle col balsamo della fraternità, ma anche della speranza. Molti di loro non hanno diritto di accedere al microcredito perché apparentemente hanno un Isee superiore ai termini fissati, ma nella realtà vivono in condizioni di indigenza per far fronte agli alimenti da garantire ai figli”.