a cura di Giulia Carri
ISRAELE – Rossella Orfino, 39 anni di Roccastrada. Dopo aver vissuto in Medio Oriente per lavoro, decide di trasferirsi definitivamente in Israele con suo marito e le loro due bambine, Alessandra e Hiba.
Come la vita ti ha portata in Israele?
Ho conosciuto Israele molti anni fa, prima per amore e poi per lavoro. Mio marito è arabo israeliano. Ci siamo conosciuti all’Università di Perugia, dove dopo essermi laureata ho collaborato con la cattedra di Didattica della Lingua Greca, ma ho iniziato a visitare il Medio Oriente anche perché conducevo un progetto sui testi dei Pellegrinaggi in Terra Santa. La prima volta che mi sono trasferita in Israele sono rimasta 3 anni prima di rientrare in Italia. Poi, due anni fa, abbiamo deciso di trasferirci definitivamente nel Paese di origine di mio marito, spinti da un desiderio di stabilità che l’Italia, almeno a noi, non poteva più regalare.
Cosa ami e cosa non ami di Israele da un punto di vista sociale?
Viviamo in una città araba, proprio nel centro di Israele, tra Tel Aviv e Gerusalemme. Qui, al contrario di quanto si potrebbe pensare dall’Italia, ho trovato un ambiente molto stimolante e aperto. Sono stata accolta con affetto e curiosità, Israele è un paese dove chi è straniero viene visto come una ricchezza da conoscere e frequentare. L’Italia, in particolare la Toscana, è amata e ammirata da molti, in quanto tutto ciò che è italiano è sinonimo di bellezza, eleganza e qualità. Ho la fortuna di vivere in una zona tranquilla e lontana dai focolai di guerra, popolata sia da arabi che da ebrei. Vivendo qua ho scoperto che sono due popoli più simili di quanto si possa pensare, entrambi mi hanno sempre dimostrato una grande disponibilità. Qui la religiosità è molto forte, ma è possibile vedere per strada una ragazza velata accanto a una vestita “all’occidentale”; oppure una giovane religiosa ebrea vicina a giovani in pantaloncini corti. D’altro canto, sebbene le ragazze siano molto libere, la società araba nella quale vivo è saldamente legata alla propria cultura e ai propri principi, ed esistono ancora dei limiti che non devono essere superati.
E professionale?
Israele è un paese che vive appieno la contemporaneità. Tel Aviv è una città aperta e cosmopolita e offre un ambiente lavorativo coerente con tutto questo, dove professionalità e alta specializzazione sono caratteristiche diffuse.
Tutti lavorano, sia uomini che donne, e tutti possono scegliere di fare ciò per cui hanno studiato.
La meritocrazia è alla base della società, quindi se una persona è brava e preparata avrà sicuramente successo.
Cosa ami e cosa non ami dell’Italia?
Quando le persone mi chiedono di dove sono e dico di essere Italiana, tutti mi chiedono come mai abbia lasciato il mio bellissimo Paese. Non è stato facile, è stata una scelta molto difficile e ponderata. Lasciare il mio mondo, il mio Paese e soprattutto la mia Maremma, Roccastrada, i miei amati genitori, mio fratello e i miei amici è stato molto doloroso, ma ho pensato al futuro delle mie bambine. Benché laureati, io e mio marito avevamo entrambi un lavoro a tempo determinato e non vedevamo prospettive per un futuro stabile. Questo è ciò che non amo dell’Italia: la sua incertezza, la sua incapacità di futuro, il non sapere come andrà domani.
La Maremma ti manca?
Sì, mi manca la mia amata Maremma. I tramonti sul mare che ammiravo dal poggio di Roccastrada, i paesaggi dolci e aggraziati, l’aria frizzante della mattina e gli odori dalle cucine, così diversi da quelli di Israele. Ognuno di questi ricordi è un brivido che mi porto dentro, e quando la nostalgia si fa sentire di più, volgo lo sguardo verso l’orizzonte pensando alla mia cara terra.