Quarta e penultima puntata di Capo Nord alla scoperta di Parigi accompagnati da Giulio Gasperini che ha fatto questo viaggio da raccontare ai nostri lettori.
Marché aux puces
I mercatini ti divertono: sono un po’ come un luogo estraneo dal tempo, un viaggio in tante diverse memorie che hanno valori differenti per chi le guarda. E a Parigi c’è un intero quartiere, dedicato ai mercatini. Ci arrivi una domenica mattina, prestissimo, tanto che tutti i vari negozietti stanno appena aprendo, svuotandosi di oggetti, anticaglie e ammennicoli vari da riversare ed esporre sulla strada. Fermata della metro: Porte de Clignancourt, sulla linea 4. Sei ai bordi del “centro” di Parigi ma la magia resta intatta. Accanto al mercato più moderno, dove si vengono scarpe, magliette, jeans e borse sospettosamente contraffatte, si conserva la magia del marché aux puces più famoso forse al mondo: quello di Saint-Ouen, che occupa intere strade. Le più curiose sono senza dubbio quelle dei brocanteurs; e qua, veramente, si trova di tutto.
Libri, vecchie cartine che una volta erano appese nelle classi di scuole di campagna, fotografie di persone perse per sempre nel passato, chiavi di chissà quali serrature, lampadari, valigie, giocattoli antichi e inquietanti bambole snodabili di legno, vasi e piatti, colletti inamidati e animali impagliati, tazzine e piattini, kimono e orrende ceramiche a forma di cani da caccia. L’appassionante, in questo luogo, è esplorare, tuffarti negli scatoloni e fuoriuscirne con il pezzo che ti stupisce e per trovare il quale sei arrivato fino quassù. La mattinata scorre e le stradine si riempiono di turisti ma non solo, anche parigini che adorano il vintage e l’antiquariato e partono alla ricerca dell’occasione. A pranzo una pausa, un saporito croque madame in un ristorantino con i tavoli sul marciapiede, accompagnato da una birra.
E poi si riparte, esplorando la zona coperta, a più piani. È qui, tra monete fuori uso e locandine di film di cui ti sei dimenticato, che trovi anche un ex disegnatore di modelli di haute couture. E vieni folgorato da una giacca dal taglio particolare, anni ’60, di un verde prato, accesissimo. Lui ti racconta (magari se lo inventa, ma tu ne sei affascinato e ci credi comunque) che quella giacca è stata disegnata per Yves Saint-Laurent, che è stata indossata soltanto per realizzare degli scatti e poi basta, via, abbandonata in qualche armadio o deposito: lui te la vende per soli 25 euro! Te le provi: non ti sta per nulla male, nonostante il taglio particolare e decisamente esclusivo. E allora la prendi. Tanto sei in treno: nessuno ti farà pagare una sovrattassa se il tuo zaino, sei sicuro, esploderà.
Il lusso
Dall’altra parte, magari proprio dall’altra parte della strada, c’è la Parigi del lusso; ma non un lusso ostentato e pacchiano, un lusso da arrivisti o da pretenziosi che si vogliono distinguere dalla massa senza nessun merito concreto. C’è il lusso che è un’arte, un artigianato raffinato e ricercato. C’è il lusso che è storia, e cultura. E quando vieni a Parigi lo capisci proprio che anche il lusso è cultura. Il lusso che può essere anche una merce più raffinata e più cara. Scopri, così, l’esistenza di Mariage Frères, una casa di tè che nacque nel 1854 e che ti accoglie nel suo punto vendita, in rue du Bourg-Tibourg 30, nel Marais, con i suoi barattoli neri di latta, con al centro il logo giallo, raffinatissimo ed esclusivo, e con i mille aromi di tè che provengono da ogni angolo di mondo, ricordo nostalgico di un passato coloniale magari persino rimpianto.
Eleganza nel logo anche per la profumeria Diptyque, in Boulevard Saint-Germain 34, famosa dal 1961 per le sue essenze naturali e le acque di colonia di fico e di cedro. Poi ti metti in fila, con un esercito di turisti, di fronte alla sala da tè e cioccolateria Angelina, in rue de Rivoli 226, che dal 1903 conquista tutti per la delizia dei suoi prodotti, per la dolcezza dei suoi éclairs e per la chocolat africain da bere passeggiando. Il lusso è un commercio, a Parigi, di ogni tipo: trovi, ad esempio, un negozio che, orgoglioso di sé, ostenta la sua identità: “ZUBER. Manufacture française de papiers peints-tissus-cuirs ». Praticamente un negozio di carta dipinta. Un oggetto di lusso estremo, inavvicinabile. Che però resiste dal 1797. Quasi l’età della Rivoluzione. E poi c’è l’artigianato per eccellenza, ovvero la moda. A Parigi capisci che Chanel non è soltanto una marca di abiti che non ti potresti mai permettere neanche nelle più sfacciate fantasie: capisci che è anche una donna, Coco, che rivoluzionò il modo di vestire delle donne: passeggiava per strada, andando al suo atelier, e si fermava a chiacchierare con la gente.
Una fermata d’obbligo, pertanto, è Rue Cambon, una traversa di Rue de Tivoli, dove Coco aveva il suo atelier, e adesso ci trovi un palazzo intero, a cinque, forse sei piani, tutto siglato con le due C che si intrecciano, segno che oramai un impero è stato edificato, ma un impero che nasce non da un’idea di conquista. Né di ostentazione. Ma da un’idea di piacere. E qui sta la differenza.
Continua…