di Piero Simonetti
GAVORRANO – Nelle aggiunte e variazioni statutarie riportate fino al 1744 inserite negli Statuti del castello di Gavorrano – scritti ed approvati per la prima volta dalla Repubblica Senese nel 1465 – si nota una delibera assai particolare che riporto di seguito (nella foto: Scommessa al gioco dei dadi, dal Trattato di aritmetica di Filippo Calandri, Firenze, Sec. XV – Firenze, Biblioteca Riccardiana).
Anno Domini 1519 ind. III, die vero 6 februarii.
Il Consiglio Generale di un uomo per casa, solennemente riunito, deliberò:
Della pena di chi giuoca a giuochi proibiti
Vedute che pelle piccole pene ne va per giocare a giochi divietati, come si contiene nelli nostri Statuti, li Vicari non vogliono procedere contro di chi gioca a giochi proibiti, e questo avviene che nella Terra nostra vi sono di molti giocatori e molti giovani, ed uomini non attendono se non a giocare e le buone opere ed arti fuggono e divengono infingardi e non s’avanzano a lavorare. Per ovviare a tale inconveniente pell’avvenire, nonostante detto Statuto quale parla della pena di quelli che giocassero a giochi divietati di carte e dadi, s’intenda pel presente Statuto riformato e ordinato che qualunque persona pell’avvenire non possa giocare a giochi proibiti di carte e dadi, tanto nel castello di Gavorrano, altrimenti caschi in pena di lire 5 di denari senesi per ciascuna volta. E qualunque persona dasse ricetto per giocare o mensa o in altri luoghi, caschi in pena di lire 10, tanto pel terriere quanto pel forestiero. E chi giocarà fuori dalla Terra di Gavorrano e suoi borghi, caschi in pena di soldi 40 di denari. Cavandone però il giocare all’Osteria del Bagno, ove si può giocare liberamente e non v’è pena alcuna.
Il testo della deliberazione consiliare del massimo organismo comunale dell’epoca, il Consiglio Generale di un Uomo per Casa appunto, non lascia alcun dubbio interpretativo.
Si tratta di una grave denuncia e di pesante presa d’atto circa la grande diffusione del praticare i giochi proibiti, di carte e dadi.
Si sottolinea che sono molti i giovani che si dedicano al gioco e che gli uomini non vanno più a lavorare. Si lamentano quindi pigrizia ed inerzia verso le attività lavorative, quali conseguenze del vizio. I Consiglieri gavorranesi rilevano inoltre che le pene previste nei vigenti Statuti per i giochi proibiti sono troppo basse e lievi, tant’è che i Vicari neanche le applicano verso i trasgressori, ritenendole talmente minime da non poter incidere come pena sui contravventori. Quindi viene stabilito di innalzare sostanzialmente le multe a carico dei trasgressori, nella speranza di eliminare il diffuso vizio tra la popolazione. Addirittura la multa da pagare viene innalzata anche per chi venisse sorpreso a giocare “fuori di Gavorrano e dei suoi borghi”.
Non ci sono dubbi: il vizio del gioco si era talmente diffuso da originare pesanti sofferenze economiche e sociali per l’intera comunità gavorranese. Ed il Consiglio Generale intervenne inasprendo le sanzioni.
Ma il testo della deliberazione, nella sua parte conclusiva, ammette un’eccezione: all’Osteria del Bagno si può giocare liberamente.
Il perché di questa concessione è probabilmente legato a ragioni strutturali e turistiche del territorio di Gavorrano. Al Bagno esisteva l’Albergo del Comune, il quale veniva dato in gestione annualmente secondo appositi bandi pubblici. La struttura alberghiera doveva essere funzionale alla presenza delle note acque termali. La località perciò doveva essere frequentata da flussi turistici particolari, con camere di residenza e ristorante. Insomma, una stazione termale in piena regola, di proprietà pubblica e che forniva entrate economiche significative alla pubblica amministrazione del castello di Gavorrano. Essendo quindi un’area turistica, era concessa la totale libertà di gioco. Una specie di “zona franca” nella Gavorrano del XVI secolo, per accontentare i villeggianti e farli giocare liberamente durante la loro vacanza termale.
Nota bibliografica: Gavorrano alla fine del Medioevo: lo Statuto del 1465; di Francesca Monaci e Piero Simonetti, Collana “Carte Antiche” n° 2 e DS 73, Ediz. Effigi, 2009.