di Barbara Farnetani
GROSSETO – «Dati anomali per arsenico, manganese, solfati e cromo esavalente. Questo singifica che le bonifiche o non sono state fatte, o sono state fatte in modo non adeguato». Il comitato per il No all’inceneritore torna a presentare i dati sull’inquinamento della piana di Scarlino e parla di «dati allarmanti».
«la contaminazione della piana si conosce da almeno 20 anni, ma si credeva che fosse naturale. E invece derivava dalla lavorazione della pirite, che a quei tempi si riteneva esser materiale sterile, tanto che è stata utilizzata per costruire strade poderali ed come base della zona industriale» afferma Lodovico Sola, che in passato è stato dirigente per la ricerca mineraria di Eni.
«Questo ha causato l’inquinamento non solo dei terreni superficiali, ma anche delle falde idriche, e le bonifiche non sono state risolutive». Questo perché, a sentire il comitato, sono state fatte solo nelle zone di competenza della Scarlino Energia, «e invece l’inquinamento non si ferma ai confini della proprietà. Ma va oltre. Le sponde del canale Solmine ad esempio, sono segnate da ceneri di pirite. Tutto questo arsenico, che non è stato asportato (si parla di valori elevati 280 parti per milione), viene costantemente dilavato, e scende nelle falde sottostanti che continuano ad essere inquinate».
«Non solo, ma nella stagione umida queste falde raggiungono al superficie, diffondendosi nel reticolo acquifero minore, dei canali di scolo, inquinando i campi e le coltivazioni. Nella zona industriale di Follonica è come se si creasse una sorta di imbuto, costituito dai pozzi dell’Acquedotto che servono per l’approvvigionamento idrico e in cui confluiscono le acque delle falde che trascinano con sé l’arsenico. E infatti è stato necessario una strumentazione proprio per depurare l’acqua dall’arsenico. Nonostante ciò alcuni pozzi, con gli anni risultano sempre più inquinati. Senza considerare l’acqua che scende al mare».
«Il programma di bonifica presentato e accettato prevede due fasi – afferma ancora Sola -. La prima attuata, mentre l’altra sarà successiva, nel 2026, allo smantellamento dell’area, perché prevede lo smantellando dell’inceneritore per poter asportare il materiale inquinante che si trova sotto alla struttura e che ha valori inquinanti ben più alti. Di ortto pozzi tre presentano la presenza dio cromo, altamente cancerogeno».
«La legge – afferma Roberto Barocci, del comitato per il No – prescrive che chi inquina deve bonificare “sin dove è inquinato” e non sino a dove arrivano i propri confini. Ad inquinare è stata Eni, ma chi doveva controllare le bonifiche non lo ha fatto. Dal 2010 al 2014 il Comune di Scarlino e la Provincia per ben quattro anni, in assenza di una azione di bonifica da parte dei soggetti ritenuti responsabili dell’inquinamento, hanno omesso l’applicazione della legge, non producendo gli atti previsti dalle norme. Anche Arpat, Usl e Regione erano state informate». Di fatto alcuni obblighi di bonifica si sono nel frattempo prescritti, tanto che 30 ettari che doveva bonificare Eni sono ora competenza del Comune di Scarlino.
E proprio il rischio prescrizione è quello che spaventa gli ambientalisti del comitato per il No. «Non si può tollerare che usino soldi pubblici per le bonifiche. Diffidiamo la Giunta regionale, il presidente della Provincia, Emilio Bonifazi, il sindaco del Comune di Scarlino, marcello Stella a non ripetere le omissioni di legge compiute dalle amministrazioni Bizzarri e Meozzi del Comune di Scarlino, in associazione con quelle di Marras e Scheggi della Provincia di Grosseto – prosegue Barocci -. Opereremo affinché non si ripeta quanto ha certificato nel 2009 la Magistratura di Grosseto, scrivendo che, pur essendo i reati ipotizzati prescritti: “…è indubbio che la gestione dei rifiuti di pirite secondo criteri che hanno portato all’inquinamento del suolo e delle falde sia stata operata in vista dell’interesse aziendale”».
Intanto il comitato ha deciso di aderire alla class action proposta dall’avvocato Roberto Fazzi a cui hanno aderito anche tanti cittadini oltre a Coldiretti e associazioni balneari Per info sulla class action cliccare QUI).