di Sabino Zuppa
TALAMONE – Arriva il primo passo verso la soluzione del problema del basso fondale nel porto turistico di Talamone. Un primo passo che non sarà certo l’inizio di una passeggiata perché, la giunta del sindaco Monica Paffetti ha appena approvato uno studio di fattibilità preliminare per il dragaggio e la messa in sicurezza dell’ambito portuale talamonese che parla di cifre che andranno da un minimo di 1.123.000 euro ad un massimo di quasi 6.000.004 euro.
Una cifra che, è ben ricordarlo, sarà finanziata in parte dalla Regione Toscana, ma per la maggior parte dai concessionari privati del porto garibaldino secondo gli accordi stabiliti la scorsa estate in un accordo di programma in cui il Comune di Orbetello sarà responsabile del procedimento ma non metterà nessun soldo dal suo bilancio.
Era da circa un anno che se ne era cominciato a parlare, da quando l’ufficio circondariale marittimo di Talamone aveva segnalato la questione del basso fondale al sindaco lagunare e di conseguenza agli altri enti interessati, con in primis la Regione Toscana. La necessità era quella di escavare la parte a nord del porto che riguarda una superficie di circa 82955 mila metri quadrati. Una porzione dell’ambito, suddivisa in una zona A più vicina al paese ed una zona B più verso il largo, in cui secondo lo studio approvato in giunta dovranno essere asportati in media da 90 a 120 cm di materiale fangoso che andrà collocato altrove.
E proprio questo problema, ossia quello della localizzazione in cui andranno smaltiti gli 87 mila metri cubi di materiale, sarà l’elemento che determinerà il costo dell’opera la quale, dopo l’analisi e la caratterizzazione dei sedimenti potrebbe avere tre possibili eventualità.
La prima, quella più economica di 1 milione di euro, prevedrebbe il reimpiego del materiale escavato per lo stoccaggio nell’area demaniale a ridosso dell’argine di Fertilia, tra Fonteblanda e Talamone, ed il ripascimento dell’arenile antistante.
La seconda ipotesi valuterebbe, invece, la possibilità di stoccare circa 10 mila metri cubi a ridosso dell’argine in zona demaniale con i restanti 77 mila metri cubi di materiale da conferire in discariche autorizzate della zona. Terza e più costosa eventualità sarebbe quella che prevedrebbe 10 mila metri cubi in zona demaniale ed i restanti da conferire mediante trasporto marittimo nelle vasche di colmata del porto di Piombino.
Dunque un lavoro necessario ed importante che non sarà semplice come un bicchier d’acqua: tutto dipenderà dalle analisi di caratterizzazione dei fanghi del porto che, come una spada di Damocle, segneranno i costi di tutta l’operazione.