GROSSETO – Forse c’era una ‘gara’ tra i comandanti di Costa, come dicono le parti civili, a chi passava più vicino all’isola andando da Civitavecchia a Savona? Il processo di Grosseto oggi ha riportato alle origini la vicenda della Concordia. Perché la super nave da crociera il 13 gennaio 2012 passò così rasente al Giglio andando a sbattere contro gli scogli e innescando un naufragio epocale che fece 32 vittime? Forse proprio per assecondare una prova di abilità, che poi fu la prima convinzione che la procura di Grosseto ebbe già nei primi giorni dell’inchiesta. E oggi, a riprova di questo, in udienza le parti civili hanno rievocato il passaggio rasente del 14 agosto 2011, cinque mesi prima esatti dalla tragedia. L’occasione è data dalla presenza di un testimone adatto, il comandante di navi della Costa, Massimo Callisto Garbarino che quella volta era comandante della Concordia, ancora non c’era Schettino sulla plancia della nave.
Garbarino riuscì nella manovra, con rotta parallela all’isola, a una distanza di circa 200 metri, cioè vicinissima. Cinque mesi dopo, invece, Schettino sbagliò. Una mappa di Lloyd’s List, sito inglese specializzato in questioni marittime, portata dagli avvocati di parte civile al processo e fatta acquisire agli atti compara due linee, due tracciati della Concordia: uno è quello con Garbarino comandante, che andò bene e ci sono foto al Giglio che ne celebrano il passaggio, serale, a luci accese, coi turisti dell’isola e i crocieristi a bordo entusiasti. L’altro riguarda il crash con comandante Schettino, con la rotta che, diversamente dal 2011, punta troppo tempo l’isola, anziché allinearsi, presto e in parallelo, per evitare gli scogli delle Scole. Fatta questa differenza, determinante per l’incidente, le direttrici sono praticamente uguali. Mentre la normalità sarebbe stata che le navi viaggiassero al centro del canale dell’Argentario.
Su questa faccenda dei passaggi ravvicinati – che per la prima volta entra in maniera chiara e dettagliata nel processo – Costa Crociere ha affidato a una nota la sua posizione: “Che la società fosse a conoscenza della pratica definita ‘dell’inchino’ è falso – sostiene la compagnia di navigazione -. La Società indica la rotta da seguire, ma è poi responsabilità del Comandante decidere eventuali variazioni di rotta. In alcuni casi, viene deciso di seguire la cosiddetta ‘navigazione turistica’, ovvero un avvicinamento alla costa al fine di offrire agli ospiti un’attrazione in più”. Inoltre, comunque sia, “queste rotte sono comunque seguite a velocità ridotta, in totale sicurezza e informandone i passeggeri – prosegue Costa spa – Niente di tutto questo è successo la notte dell’incidente”. L’aula di tribunale ha rumoreggiato quando le parti civili hanno tentato di chiedere a Garbarino qualcosa del passaggio da lui eseguito con successo, appunto, il 14 agosto 2011. Ma il tribunale ha negato che si potesse fare la domanda perché il teste era stato convocato dall’accusa e il pm Alessandro Leopizzi gli aveva domandato delle porte stagne, se venissero tenute aperte o chiuse durante la navigazione, ma non del passaggio rasente del 2011. Quindi le altre parti, che sono intervenute dopo, non avevano titolo per affrontare ex novo l’argomento. Anche un altro teste è stato rigettato dal tribunale. E’ un fotografo di bordo. Il suo racconto è stato definito dai giudici “irrilevante” e “superfluo”. Per una sua denuncia fatta cinque giorni dopo il disastro del Giglio ora c’è un’inchiesta a Palermo su un’altra nave Costa, la Fortuna, che navigò con anomalie a bordo e con oltre 3.000 passeggeri a bordo nel giugno 2005.