di Barbara Farnetani
GROSSETO – L’Acquedotto del Fiora dovrà rimborsare solo 0,37 centesimi ai propri utenti tale rimborso esiguo «è il riconoscimento della gestione corretta di Acquedotto, caratterizzata dal sostanziale equilibrio fra l’impegno economico richiesto agli utenti attraverso la bolletta, la qualità e quantità del servizio erogato e gli investimenti effettuati».
È questa, secondo il Fiora, la motivazione della cifra che gli utenti si ritroveranno rimborsata in bolletta. L’amministratore delegato Paolo Pizzari fa un’analisi della situazione ante e post referendum. «Nella tariffa precedente – afferma – c’era una fetta denominata costi operativi, i costi per far funzionare il gestore tra stipendi, energia elettrica, e manutenzioni. Una di ammortamenti ossia gli investimenti per costruire depuratori, dissalatori, serbatoi e quant’altro e infine una fetta, definita impropriamente “Remunerazione del capitale investito” che ha tratto in inganno i referendari. Questa sezione è composta dal 7% di quanto viene speso in investimenti, se non si investe è dunque pari a zero. È stata pensata proprio per questo, per favorire gli investimenti. Serve per pagare gli interessi alle banche, ma anche per pagare costi imprevisti (tipo le bollette morose). Si tratta perlopiù di costi realmente sostenuti, ad esempio il cambio di un contatore». Quel che restava sostenuti i costi rimaneva comunque nelle tasche di Acquedotto.
Praticamente secondo il calcolo dei comitati questo 7% sul capitale investito (150 milioni di euro) porterebbe ad una cifra di circa 10 milioni annui. Ma i calcoli fatti dall’AEEG, Autorità per l’energia elettrica e il gas, sono differenti: infatti secondo l’autorità vanno tolti i costi sostenuti dai gestori: 2,2 milioni di oneri fiscali più 1,7 milioni di oneri finanziari. A questo punto restano solo 100 mila euro, quelli che, suddivisi tra gli utenti, porteranno alla cifra di 0,37 centesimi. «Una piccola remunerazione – prosegue l’Ad del Fiora – vuol dire che l’Acquedotto ha fatto le cose come si deve. I costi coperti erano effettivi».
Tiberio Tiberi, presidente di Acquedotto, spiega poi il Full cost recovery, il principio tariffario che prevede la copertura integrale dei costi attraversa la tariffa. Qui sono compresi non solo i costi di esercizio, ma anche i costi di investimento (oneri finanziari) e oneri fiscali. Per quanto riguarda i cittadini che si sono autoridotti le bollette e che, in un caso, si sono visti staccare il servizio, Tiberi precisa: «I comitati ci posero il problema se era possibile derogare alle normative per consentire la loro battaglia. Noi inviammo una lettera ai 100 aderenti in cui spiegavamo la situazione. Alcuni rinunciarono all’autoriduzione. Ne restarono soltanto 30». il presidente spiega poi che l’Acquedotto lavora in acconto, e dunque riducendo del 14% la bolletta si paga comunque una buona fetta di quanto dovuto. Con la bolletta successiva si salda quella precedente e una parte della nuova, ci vuole dunque oltre un anno per giungere ad una bolletta totalmente scoperta, e ancora altro tempo tra avvisi di pagamento e telegrammi per il distacco. «Proponemmo ai comitati di pagare quell’unica bolletta che restava scoperta e riprendere la battaglia, ma si rifiutarono e siamo giunti al distacco». Anche perché le bollette non pagate sono un costo che poi finisce nelle tariffe, ossia lo pagano gli altri utenti. L’Italia poi è stata divisa in tre macroaree: per quella centrale è stata calcolata una morosità media del 2,1%, questo significa che se si sforano le medie il gestore viene punito economicamente.
Acquedotto conclude sottolineando come la scelta dell’azienda sia stata sempre quella di non ridistribuire i propri utili ai soci in dividendo, ma di lasciare quelle risorse in azienda per realizzare nuove infrastrutture e migliorare la rete. Investimenti che, nel 2013, hanno raggiunto i 100 euro per ogni abitante del territorio.