GROSSETO – La legge va modificata «eliminando in primo luogo per le amministrazioni locali l’assurdo vincolo al mantenimento senza termine degli animali ospitati nei canili rifugio – come indicato dall’Ispra – che le obbliga a sottrarre risorse a servizi di maggior rilevanza sociale. Che dispiaccia o meno a senatrici impegnate a cercare un posto al sole, piuttosto che a chi mette sullo stesso piano uomini e cani, onestamente è ininfluente rispetto all’interesse pubblico». Il presidente della Provincia Leonardo Marras interviene sul problema randagismo e sulle polemiche dei giorni scorsi.
«Le diatribe ideologiche applicate alla gestione del randagismo sono semplicemente dannose. E peggio ancora sono le provocazioni astiose e gratuite, che hanno l’unico effetto di servire a chi le fa per dimostrare di esserci. Motivo per cui il dottor Madrucci può dormire tra due guanciali: la sua riconosciuta competenza lo mette al riparo da qualunque “ritorsione”. Quello della gestione dei cani randagi, dell’anagrafe canina e dei canili, tuttavia, è un tema serissimo che merita qualche riflessione seria, e magari basata su un approccio scientifico. Non foss’altro perché la spesa annua di due milioni di euro sostenuta a diverso titolo da Asl 9, Enti locali e Provincia, pone una questione di sostenibilità etica. Mi limito a citare il parere espresso già nel 2000 dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), richiamato peraltro senza suscitare polemiche nel Piano strategico provinciale per la riduzione del randagismo canino, elaborato nell’ambito del progetto Ibri-wolf. Concordato con le associazioni ambientaliste».
«Un’efficace strategia di gestione e contenimento del fenomeno del randagismo – spiega l’Ispra – dovrebbe essere fondata sul rafforzamento delle anagrafi canine, la diffusa sterilizzazione dei cani, la reintroduzione della possibilità di eutanasia dei cani dopo un periodo di mantenimento nei canili, la reintroduzione della possibilità di abbattimento diretto dei cani vaganti quando essi esercitino un accertato impatto su specie di interesse conservazionistico, l’attivazione diffusa di strumenti di educazione e informazione per ridurre gli abbandoni e rendere efficaci le altre misure proposte».
«Tutto questo nella nostra realtà è riconducibile a numeri oggettivi (250.000 euro per anagrafe canina e ambulatorio per le sterilizzazioni, 1.250.000 euro per ospitare 900 cani nei canili) e al fatto che in 21 anni la Legge 281/91 non ha ottenuto nessun risultato utile, se non un incremento dei costi e l’aumento esponenziale del randagismo – precisa Marras -. Che, ad esempio, per la Provincia significa spendere centinaia di migliaia di euro per il contrasto alle aggressioni alle greggi da parte di canidi e ibridi. In un territorio nel quale ci sono circa 8.000 cani, solo quelli iscritti all’anagrafe canina, e dove il Comune capoluogo (nel 2010) è stato costretto a spendere 680.000 euro per mantenere i cani nel proprio canile (8,26 euro a cittadino). Concludendo. Al netto del fatto che ogni normativa è un palliativo se non esistono comportamenti dei singoli improntati a responsabilità e senso civico, è evidente che la legge 281 va radicalmente modificata».