GROSSETO – Sono sempre di più le specie ittiche non autoctone che popolano il mar mediterraneo e le acque della Toscana in particolare. Differenti i motivi di questa “invasione” che si fa sempre più consistente, dalla tropicalizzazione delle acque, sempre più calde, a pesci che sono stati improvvidamente liberati nei nostri mari e che si sono trovati bene, riproducendosi a dismisura. Proprio per valutare le specie non indigene che hanno colonizzato i nostri mari. ISPRA, da tempo, coordina un tavolo tecnico con lo scopo di valutare il fenomeno, al quale ARPAT partecipa attivamente. I primi risultati di questo lavoro sono consultabili in rete sul sito di ISPRA www.medalien.isprambiente.it/. Le specie cosiddette aliene provengono dalle aree circostanti il Mediterraneo, il loro ingresso e adattamento in questo mare è permesso da condizioni ambientali sempre più favorevoli.
«Da Gibilterra – si legge nella relazione di Arpat – entrano organismi marini alieni, in genere di origine subtropicale, che si distribuiscono maggiormente lungo le coste algerine e, in misura minore, lungo quelle spagnole; da Suez invece entrano specie tipicamente tropicali provenienti dal Mar Rosso. Questo ha determinato una condizione particolare che, associata all’innalzamento delle temperature medie superficiali, ha causato una sorta di tropicalizzazione, da ovest verso est, della fascia meridionale del Mediterraneo. Volendo fare specifico riferimento al mare toscano, abbiamo cercato di elencare le varie specie non indigene che sono state registrate negli anni grazie alle attività di monitoraggio che vanno avanti da oltre 30 anni. Al di là della capacità di adattamento delle specie introdotte accidentalmente, quello che ci interessa di più è analizzare la distribuzione di quelle specie che attivamente hanno raggiunto latitudini più settentrionali, nello specifico, corrispondenti al mare che bagna la nostra regione».
«Ciò che osserviamo – continua Arpat – non è altro che la dimostrazione concreta che il fenomeno della meridionalizzazione del Mediterraneo è in atto e che riguarda specie anche di grossa taglia come la grande razza nera (Taeniura grabata) rimasta intrappolata nelle reti da posta di un pescatore di Quercianella. Molte altre specie ittiche hanno nel tempo guadagnato queste latitudini, alcune acquisendo valore commerciale, come il pesce grugnitore (Pomadasis incisus), altre rappresentando soltanto la segnalazione più settentrionale; è il caso del piccolo scorfano, lungo appena 10 cm, di provenienza atlantica Pontinus khulii e l’anguilliforme Pisonodophis semicinctus. Altre segnalazioni testimoniano in maniera inequivocabile che siamo di fronte ad un vero cambiamento climatico che potrà modificare i rapporti tra le specie, nonché gli equilibri che regolano l’ecosistema: ad esempio il pesce flauto (Fistularia commersoni) è un immigrante lessepsiano (entrato da Suez), che in appena 10 anni dalla sua prima segnalazione nelle acque di Cipro ha raggiunto rapidamente le coste liguri dove si è insediato, ancor prima il pesce palla (Sphoeroides pachygaster), immigrante atlantico, era diventato sempre più frequente nelle nostre acque. Anche altri pesci appartenenti alla famiglia dei carangidi sono stati recentemente avvistati nelle acque toscane».
«Infine, aumentano in maniera sempre più decisa le osservazioni del pesce pappagallo (Sparisoma cretense) nelle acque dell’Argentario e a sud dell’Isola d’Elba – si legge ancora nel rapporto -. Questo pesce ha due caratteristiche inconfondibili, i denti fusi a formare una sorta di becco e la colorazione: il maschio è marrone indaco, la femmina rosso carminio. Quest’ultima nel periodo riproduttivo ha la parte anteriore del dorso grigio chiaro, la testa può essere gialla da cui il nome del genere. Il suo ingresso in Mediterraneo non può essere considerato attivo. Questo pesce, infatti, fu importato in ingenti quantitativi durante il regno di Tiberio (14-37 d.C.) per fini alimentari, nonostante il suo fegato fosse tossico. Il pesce pappagallo, come tutti i congeneri della famiglia, ha l’abitudine di trascorrere la notte negli anfratti del fondo ricoprendosi il corpo di muco. Ad esempio la donzella pavonina (Thalassoma pavo), non più tardi di 10-15 anni fa, limitava la sua presenza alle coste sud dell’Isola d’Elba, mentre oggi la ritroviamo, anche abbondante, fino in Liguria. Il pesce serra (Pomatomus saltatrix), grande predatore, è specie circumglobale di origine tropicale che nel periodo invernale si sposta in zone più calde. Un tempo rara nelle nostre acque, questa specie oggi risulta piuttosto abbondante. Infine il pesce balestra, il nostro titano (Balistes capriscus), che nel tempo si è adattato a vivere lontano dalla barriera corallina. Ricordiamo la recente segnalazione di ISPRA riguardo la presenza nel Mediterraneo e nelle acque intorno l’isola di Lampedusa, del Pesce palla maculato (Lagocephalus sceleratus), una specie originaria del Mar Rosso, le cui carni sarebbero pericolose per la salute umana a causa della loro tossicità».