di Annalisa Mastellone
Gavorrano – Alfonso Santagata (nella foto) e la sua compagnia Katzenmacher sono impegnati da due anni nel progetto di residenza teatrale a Gavorrano – finanziato dalla Regione Toscana su proposta del Comune, dell’istituzione Gavorranoidea e della Provincia di Grosseto – che ha dato vita a “La Miniera del Teatro”, il laboratorio in cui vengono allevati attori del posto che dal 2010 affiancano Santagata nei suoi spettacoli al Teatro delle Rocce, mettendo in scena quest’anno “Eidos-Apparizioni”, lo spettacolo che ha aperto il festival 2011 dell’anfiteatro di Gavorrano.
Come procede questa esperienza a Gavorrano?
«Molto bene. Abbiamo un grosso riconoscimento umano sul territorio, e mi fa piacere vedere che c’è sempre più attenzione nei nostri confronti. I laboratori teatrali con questi ragazzi cominciano a far vedere i frutti sulla loro formazione, ed è bello vederli crescere artisticamente. Abbiamo debuttato insieme lo scorso anno con “Degli dei, degli eroi”, attingendo dalla tragedia greca con un lavoro sulla famiglia dei Labdacidi, e quest’anno con “Eidos”, sulla famiglia degli Atridi. Ogni autore della tragedia greca comunica il proprio tempo, attraverso figure, archetipi che appartengono al nostro immaginario ma anche alla nostra vita. Il mito non è una fuga dalla realtà, ma piuttosto una chiave per comprenderla, viverla grazie a personaggi che non descrivono un mondo lontano, ma ancora il presente.
Coi ragazzi del laboratorio abbiamo inoltre condiviso la bellissima esperienza col teatro di Eduardo De Filippo, portando in scena a ottobre scorso “Requiem all’anima soja”, rivisitando un grande classico della commedia italiana.
Altro tipo di lavoro quello che inizieremo a settembre con un progetto molto impegnativo sulla memoria delle miniere. L’idea è quella di una nuova produzione che si sviluppi sulla scena delle 7 porte del Parco minerario delle Colline metallifere: ancora una volta saranno i luoghi a scrivere e narrare la storia, che quindi sarà sempre diversa e si adatterà alle peculiarità di ogni porta, in modo da valorizzarne le singole identità. La memoria delle miniere è ricca cose che tornano, e sono incredibili le storie di questi luoghi perché sembrano uguali ma in realtà non lo sono. La cosa che mi colpisce maggiormente è il fatto che le miniere in genere sono considerate cose brutte per l’umanità, inteso come luogo in cui vivere. D’altra parte però la gente che qui vive diventa quasi dipendente dalle miniere. Questo conflitto mi piace molto, voglio scardinarlo e lavorare molto più sulle contraddizioni che sulle predisposizioni drammatiche.»
Cosa significa investire in cultura?
«Significa innanzitutto conoscenza, ma anche guadagnarci. E’ una miopia bestiale pensare, come detto da Tremonti, che con la cultura non si mangia. Investire in cultura è ed è sempre stata una rendita. Pensiamo ad esempio, non parlo di Gavorrano, a quanto costa, non solo socialmente, alla comunità di un paese avere qualche ragazzo “fuori dalle regole civili”: di sicuro un patrimonio. E allora, se si spende in cultura si mettono in moto una serie relazioni e approcci alla civiltà diversi che danno una rendita in primis umana. Poi, se aggiungi che nel paese arriva gente perché c’è ad esempio lo spettacolo al Teatro delle Rocce, che dorme, mangia e visita i bellissimi posti del territorio, si produce una rendita economica. Dire che la cultura costa e basta non va bene. Forse a qualcuno fa paura la coscienza e la conoscenza culturale che può avere la civiltà umana.»