di Lorenzo Falconi
GROSSETO – La situazione alla ex Mabro è sempre drammatica, soprattutto per i dipendenti che con tutte le loro forze sperano in un salvataggio dell’azienda. Non c’è distinzione tra chi lotta fuori dai cancelli e chi prosegue nel proprio lavoro all’interno della fabbrica anche senza stipendio. Colpisce però, per la profonda umanità, la lettera che una dipendente dell’azienda scrive rivolgendosi al giudice che lunedì 4 novembre sarà chiamato a decidere sulla situazione ex Mabro: concordato o Prodi bis. Una lettera che viene consegnata nelle nostre mani, sperando magari che il messaggio arrivi a destinazione. «Caro giudice – scrive la dipendente – sicuramente non ha un compito facile ascoltando le parti che entrambi sostengono di avere ragione. Io sono una dipendente che purtroppo si trova nel mezzo. Sono tra le tante che ha manifestato per difendere il proprio diritto allo stipendio, da altri negato. Io avevo, anzi ho, un posto di lavoro che amo con tutta me stessa e dove voglio ritornare. Ed è quello che ho fatto: sono tornata a lavoro nonostante sapessi che non avrei più avuto il mio vecchio posto, ma dopo quindici giorni sono stata mandata a casa, in cassa integrazione, da coloro che mi hanno richiamata perché bisognosi di personale. Lei si chiederà perché, me lo sono chiesta anch’io e sono arrivata ad una conclusione: non rispettavo più i canoni di dipendente devota ad ogni costo. Io non voglio gettare fango su nessuno ma voglio credere che lei, con la sua decisione, voglia ridare ridare un futuro certo non a chi ha gestito la ex Mabro, ma a tutti i dipendenti che hanno fatto e stanno facendo sacrifici pur di andare avanti e credere in ciò che sembra impossibile: avere un lavoro».
Sono tanti, in effetti, i dipendenti di Abbigliamento Grosseto che attendono la decisione da parte del giudice. Chiaro che la procedura della Prodi bis è vista di buon grado da più parti (esclusa la proprietà) e ritenuta come la soluzione migliore, ma non è scontato che il giudice prenda questo tipo di decisione. Potrebbe anche dare il via libera al concordato, con dipendenti fuori dalla fabbrica che in questo caso fissano subito il punto: «Torneremo più che volentieri al nostro lavoro, ma non prima del pagamento di tutti i mesi di arretrato». La situazione economica, di fatto, appare uno dei punti critici, tra mensilità arretrate e pagamenti pagamenti non versati anche in questa fase, con l’ultimo stipendio rimasto ancora in sospeso. Tra i dipendenti, inoltre, c’è anche chi si lamenta per i mancati pagamenti da riscuotere in caso di malattia e relativi agli assegni familiari. Una situazione sempre più esasperata che porta in tanti a sperare nella prossima data segnata con il circoletto rosso sul calendario: quel 4 novembre che da qualsiasi punto di vista si guardi ha quasi il sapore della liberazione per gli oltre 200 dipendenti, ma che certamente non metterà la parola fine al caso Mabro.