GROSSETO – Morti «tutte diverse e tutte uguali» sono quelle delle tante donne uccise dai mariti-fidanzati-compagni. È la morte di Irina Meynster afferma Anna Guidoni, responsabile politiche sociali Arci. «Irina Meyntser, una bella, giovane donna che viveva e lavorava da tempo qui a Grosseto ed è stata uccisa dal compagno in un raptus di gelosia, il quale ha poi gettato il corpo della donna che diceva di amare in un dirupo. La storia di Irina è una triste storia, così come quella di molte altre donne morte ammazzate, sui marciapiedi, in casa, per strada, davanti ai tribunali, tutte o quasi ad opera di mariti, fidanzati, conviventi o ex mariti, ex fidanzati conviventi».
«Accanto a queste uccisioni, che sui giornali vengono riportate come semplici fatti di cronaca nera – continua Guidoni -, senza un approfondimento su quelle caratteristiche simili che le legano fra loro, senza chiedersi se fossimo per caso di fronte ad un reato specifico, particolare, vi sono spesso, troppo spesso, commenti sulla fragilità di chi non sopporta l’abbandono, sulla fragilità maschile, l’amore che diventa violento, sul troppo amore. È quindi abbastanza chiaro come, accanto ad una sottovalutazione delle caratteristiche di genere di questi delitti, vi è però, diffusa, serpeggiante una sorta se non di assoluzione, certamente di giustificazione, fino, qualche volta, alla colpevolizzazione della donna. Lo voleva lasciare, oppure aveva un altro e lui poveretto non ha sopportato il dolore dell’abbandono».
«Tutte queste donne uccise hanno camminato fianco a fianco al loro assassino… l’essenza stessa della violenza contro le donne, che è violenza di uomini contro le donne, è una violenza che si manifesta, innanzi tutto come negazione della libertà nei confronti dell’essere femminile – afferma Guidoni -. La gelosia non è l’unico motore di questa ira ma voglia di dominio e sopraffazione trasformano questa ira in volontà di annientamento. La violenza nei confronti delle donne, sul corpo delle donne è una vera e propria piaga sociale ma per combatterla serve innanzitutto prevenzione… serve la cultura del rispetto. Ma come può esistere rispetto per le donne se veniamo mercificate ovunque? E quando accade l’ennesimo femminicidio, come quello della povera Irina, anche una sonnacchiosa cittadina come la nostra si riscopre morbosamente attratta dagli orrendi, squallidi particolari della storia senza che nessuno si interroghi sulle cause profonde di eventi come questi e su cosa si possa fare per rimuoverle. E intanto la lista delle tante, troppe Irina continua ad allungarsi ogni giorno che passa».