di Lorenzo Falconi
GROSSETO – La situazione della ex Mabro è destinata a scrivere nuovi capitoli, giorno dopo giorno. Che si tratti di Prodi bis, cassa integrazione, o guerra aperta tra sindacati sempre più divisi nei loro intenti, poco importa. Due giorni fa era pervenuta alle redazioni, una lettera firmata da 27 maestranze sulla mancata autorizzazione da parte della Cgil nella richiesta di cassa integrazione straordinaria per crisi. La risposta non tarda ad arrivare, a firma di una dipendente, Elena Moschini, iscritta al sindacato Cgil. «Vorrei poter dire la mia sulla lettera scritta dalle maestranze ex Mabro che stanno attualmente lavorando, si fa per dire, in azienda, sulla vicenda della cassa integrazione non firmata dalla Cgil. In qualità di tesserata Cgil mi sento offesa dal loro giudizio di irresponsabilità nei nostri confronti – scrive la dipendente di Abbigliamento Grosseto -. Forse non sanno, o non sono state aggiornate, sul fatto che una cassa integrazione per crisi va a cozzare con la richiesta di Prodi bis che anche loro avevano accettato. Addirittura non andrebbe neanche molto d’accordo con una richiesta di concordato, visto che tutto dovrebbe essere fatto per tutelare il lavoro dei dipendenti e la prosecuzione dell’attività produttiva della ex Mabro».
La dipendente, invita poi le colleghe ad aprire gli occhi su quanto sta accadendo nell’azienda di abbigliamento grossetana: «Credo che a questo punto è palese che a chi ha firmato quella lettera interessi solo il loro futuro, forse dietro a promesse ricevute, ma certamente fregandosene del futuro delle loro colleghe, alcune anche amiche. Mi piacerebbe che questa lettera potesse essere pubblicata e letta da ognuna di loro, per far si che si rendano conto che in primis la schiavitù è finita da tempo. Forse, se possono continuare a lavorare nonostante non arrivi lo stipendio, è perché hanno comunque una buona entrata in famiglia, cosa che molte di noi, fuori dall’azienda, non abbiamo. Credo anche che dovrebbero, come facciamo noi, informarsi altrove sui passi giusti da fare e non fidarsi delle prime chiacchiere dette da chi sa chi e per quale oscuro scopo, evitando di firmare denunce false con giudizi offensivi».
La lettera, in ogni caso, si chiude con un auspicio: «Mi auguro che un giorno tutte noi possiamo tornare a lavorare insieme, fianco a fianco, perché la nostra lotta è per il bene di tutti e questo dovrebbe essere lo scopo anche di chi attualmente sta prestando servizio in azienda».