Inizia oggi su IlGiunco.net una rubrica tutta dedicata ai viaggi. Una rubrica che sarà non un semplice appuntamento per suggerirvi mete da sogno o cartoline patinate, ma uno spazio interamente riservato agli appunti, ai racconti e alle testimonianze dei nostri lettori.
Un vero taccuino di viaggio, un diario che si apre a tutti quei lettori che amano visitare posti sempre nuovi, vicini e lontani, e, una volta tornati a casa fare partecipi della loro espeirenza, come se fosse un breve romanzo d’avventura, i loro amici e i loro conoscenti. Bene “Capo Nord”, questto è il nome che abbiamo scelto per la nuova rubrica, un nome evocativo che ricorda le distanze e la voglia di scoprire e di viaggiare, è tutto questo. E proprio ispirati da questa filosofia abbiamo deciso di affidare questa rubrica a Simone Pazzaglia. Vecchia conoscenza de IlGiunco.net, Simone Pazzaglia, già autore di racconti e di romanzi, si è prestato come “tutor” di “Capo Nord”. Lui per pirmo ci racconterà il suo viaggio in India e sarà poi lui a ricevere e a scegliere i viaggi che entreranno a far parte di Capo Nord.
Porprio per questo inviatimo tutti i nostri lettori a inviare all’indirizzo di posta elettronica caponord@ilgiunco.net i vostri appunti di viaggio, i vostri racconti e le vostre fotografie. Intanto iniziamo questa nuova sfida con il racconto di Simone.
India del nord in tre settimane
A Luglio decidemmo di partire incontrandoci in riva al mare.
Lui “Il Cica” s’era appena lasciato da una storia di diversi anni, io aspettavo la seconda figlia Mia dopo il primogenito Gioele. Decidemmo di partire in Settembre-Ottobre. E infine il momento arrivò.
Partenza da Roma destinazione New Deli, un lampo in confronto ai 250 km per Madawa, prima tappa, con le strade piene zeppe di camion che superavano indistintamente da destra e sinistra.
Poi lo sterro e le buche da procedere a 35 km all’ora con un autista silenzioso che come prima meta ci portò da sua madre a bere the con ragazzine nascoste dietro veli che ci spiavano come fossimo animali rari.
E via di nuovo in marcia per strade impossibili con macchine, moto e camion che, in senso opposto, sembrano venirci addosso per poi sterzare a meno di tre o quattro metri.
E poi una vita laterale che dorme, mangia, lavora e cucina a bordo strada in capanne fatte di fango e paglia.
E le vacche sacre con donne che raccolgono sterco a piene mani da far essiccare e da usare d’Inverno per accendere il fuoco. E le capre, i cani e i maiali neri dal pelo irsuto che attraversano la strada e si ributtano tra la folla. E infine i bambini, a frotte, che giocano nudi, alcuni storpi, lì a razzolare insieme alle altre bestie.
Il secondo giorno ci rimettiamo in viaggio per 500 km in una strada lunga e dritta in mezzo al deserto lontani dalla frenesia cittadina destinazione Mata Temple.
Il Tempio dei Ratti, dove topi banchettano con latte in ciotole e cibo di ogni tipo e dormono, saltano, si riproducono insieme ai loro simili alati “i piccioni”. In nessun altro luogo vorrei vivere se fossi un ratto. Visitiamo Ramdeora un tempio pieno di gente che balla suona e chiede elemosine.
Qua siamo nel regno delle mosche che invadono a sciami dove una puzza insopportabile ricopre ogni cosa.
Infine mangiamo una ciotola di riso bollito, nel pomeriggio, cercando di scansare i moscini e disinfettando il tutto con una splendida birra gelata al doppio malto.
Il terzo giorno visita a Jasalamer una struttura enorme con una vita brulicante all’interno fra santoni indu’ e giainisti. Nelle vicinanze un lago sacro con enormi pesci gatto che a centinaia uscivano in frenesia alimentare trascinandosi sulla riva per un pezzo di pane. Migliaia di grandi bocche e corpi neri e viscidi, uno spettacolo disgustoso e affascinante al tempo stesso. Poi trasferimento nel deserto di Kuri e visita in cammello sulle dune ad ammirare il tramonto e infine cena all’aperto con musicisti locali e ragazze che come dee volteggiavano sotto i raggi della luna.
Grande esperienza sulla strada per Jodpur.
Abbiamo incontrato una scolaresca in un piccolo tempio in preghiera.
C’hanno chiesto di salire sul palco e hanno voluto farci domande in Inglese scattandoci foto e stringendoci la mano come fossimo due capi di stato. Un’esperienza di un’umanità incredibile.
Infine arrivati al forte di Jodpur abbiamo ammirato le case della cittadina sottostante completamente blu.
La sera siamo stati a giro per le strade rischiando di essere investiti da macchine che suonavano clacson all’impazzata in mezzo a gente intenta a vendere roba di ogni tipo. Si inizia a sentire il cuore pulsante dell’India che non si può visitare ma solo vivere.
E rieccoci il giorno successivo in viaggio per la campagna indiana con bambini a bordo strada che vendono frutta e donne che si coprono il volto al nostro passaggio. Scopriamo qui nel Rajastan uno dei più bei templi dell’India pieno di scimmie e con 1450 colonne bianche. Infine siamo arriva a Udaipur in un Hotel con terrazza direttamente sul lago sacro.
Qui abbiamo riposato con il Cica che si sentiva male, febbre.
Abbiamo mangiato per due euro in un posto dove cucinavano da dio…
Abbiamo preso un tuk tuk, delle specie di apetti, e risciò per raggiungere le vie più inesplorate.
In giornata abbiamo preso una barchetta per visitare il palazzo galleggiante in mezzo al lago vicino all’hotel in cui James Bond girò uno dei suoi film. Inizio a sentire una certa nostalgia di casa, una sensazione che ancora non avevo sentito.
Oggi visita ad un forte lungo 35 km con scimmie, templi in rovine e laghi. Sono preoccupato per quello che succede in Italia. Mio padre è in ospedale. A Puskar visita al lago sacro, qua cercano di venderti di tutto. Sono poco socievole e il Cica mi ha attaccato raffreddore e febbre.
Il giorno dopo si parte malissimo, mattinata di febbre e tosse e si finisce peggio con un’insistente attacco di diarrea.
In compenso siamo a Japur con i suoi 3 milioni di abitanti e un caos infernale!
Visita al tempio delle scimmie dove stanno girando un film di Bolliwood.
Passeggiata in mezzo alle montagne in un paesaggio mozzafiato…sto cacando il mondo e non ho mangiato nulla da un giorno e mezzo.
La mattina seguente visitiamo un osservatorio astronomico, la nostra guida locale ci spiega come si rimorchiano le ragazze. Qui non serve essere belli, contano i soldi e la posizione sociale. Un po’ come in Italia forse… Qui sono le famiglie che si mettono d’accordo.
Difficile che ci sia una disparità evidente di reddito tra moglie e marito.
Facciamo un giro in Elefante. Una cosa da turisti, ce ne pentiamo immediatamente. Cercano di venderci di tutto.
Un suicidio!! Incontriamo Karni il tipo che c’ha organizzato il viaggio. Ceniamo a casa sua.
Vedere il Taj Mahal è un’esperienza unica. Ci arriviamo in treno, un’altra esperienza rara in cuccette allucinanti e gente pigiata. Il Taj Mahal si impone davanti a noi, costruito da Achbar in onore di sua moglie defunta. Si ha la sensazione che il suo spirito sia ancora lì e ci osservi.
Credo che ognuno dovrebbe avere tale dedizione e amore per una persona.
Ancora la diarrea non mi lascia, mi sento debole, non sto mangiando…ancora.
In partenza per Khajuraho, il nostro autista è sempre più rincoglionito per motivi che non sto a specificare. Abbiamo visitato templi antichi con le raffigurazioni del Kama Sutra, qui il sesso diventa comunione sacra.
Abbiamo incontrato turisti italiani, torinesi, per ben due volte nello stesso giorno…decidiamo allora di mangiare insieme spostandoci in un paesino piccolissimo, con un fiumiciattolo e un tempio piccolo e gremito di bancarelle e persone che stanno festeggiando una delle infinite feste dedicate a chissà quale dio.
Qui riesco ad avere un medicinale, dai torinesi, una specie di polvere che unita all’acqua si trasforma in calcina e va a tappare finalmente la parte finale del mio intestino!
Ultime tappe Varanasi e Deli. Varanasi è un viaggio mistico. È l’India dei santoni, del Gange, della preghiera e di tutto ciò che è sacro. Lo sentiamo subito nell’aria. Odore d’incenso e di qualcosa di assolutamente ascetico. Incontriamo santoni, pazzi, malati, un brulichio di gente e bestie. Cani da per tutto. Neppure un gatto. Qui è tutto magico, diverso da tutto il resto.
Al tramonto navighiamo con una piccola imbarcazione sul Gange e osserviamo persone che pregano, si lavano, fanno i bagni di purificazione, c’è perfino chi pesca per quanto possa sembrare impossibile esista qualche forma di vita in un’acqua tanto sporca.
Si canta e si prega.
Si accendono incensi e candele su barche di carta da spingere in acqua. Qui siamo in contatto con tutto ciò che è sacro e il Gange racchiude le ceneri di milioni di morti. Tutti vengono a farsi bruciare qui, a Varanasi. Scendiamo nel cimitero a bordo fiume dove pire di fuoco bruciano incessantemente giorno e notte.
Arrivano morti pronti per essere purificati.Scendiamo e camminiamo in mezzo a quelle fiamme. I cani banchettano con pezzi di carne umana. Ci sarebbe molto da dire su questo posto e le parole forse non basterebbero. Finiamo per perderci in stradine minuscole che si inerpicano in quartieri poveri. Le emozioni in questo posto si sommano e si rimane quasi senza fiato, con l’anima rapita.
Infine Deli, l’esatto contrario. Qui sembra di essere in una grande città europea. Si son persi gli odori dell’India e i negozi aperti perfino di notte ci ricordano che esiste anche il dio danaro a cui porgere offerte e sacrifici.
L’India. Il viaggio pensato una vita.
(per ingrandire cliccare sulle foto)
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