di Lorenzo Falconi
GROSSETO – I cancelli sono chiusi, per quella che è una scena già rivista, anche se dovrebbe essere un normale lunedì mattina di lavoro. Di normale però, alla Mabro, ormai c’è rimasto ben poco. All’interno dell’azienda, le guardie giurate del servizio d’ordine privato, controllano una lista con i nominativi dei dipendenti: chi figura nell’elenco può entrare, chi non c’è, invece, viene respinto. Una situazione intollerabile per tutti quei dipendenti al servizio dell’azienda per decenni che si vedono preclusa la possibilità di entrare sul posto di lavoro e di fare assemblea all’interno della sala mensa dove, con i sindacati, hanno sempre discusso il loro futuro. Nel clima di esasperazione che da molti mesi si respira nell’azienda di abbigliamento, basta poco per far scattare la scintilla. Sono solo tre, in fin dei conti, gli uomini del servizio d’ordine privato, mentre fuori dai cancelli la rabbia monta per una cinquantina di lavoratori, tenuti appositamente fuori dal posto di lavoro che continuano a difendere con le unghie e con i denti.
Ecco allora che, alle 7.30, i dipendenti scelgono l’azione diretta e provano a varcare il cancello dell’azienda, le guardie giurate sono prese alla sprovvista, provano a respingere la massa e ci riescono solo in parte. Urla e spintoni, poi il cancello si richiude con molta fatica. Gran parte dei lavoratori è ormai all’interno dell’azienda, pronta ad andare in assemblea permanente in sala mensa, mentre qualcuno resta fuori. La protesta prende corpo, perché nel contatto fisico qualche dipendente riporta delle escoriazioni, i momenti sono concitati, la tensione sale. La proprietà continua ad essere assente, mentre fuori da quel cancello che separa chi può entrare sul luogo di lavoro e chi invece deve rimanerne fuori, viene appeso lo striscione “Barontini Vattene”.