GAVORRANO – «Questo “giorno del ricordo”, così come viene celebrato dal 2005, è una sorta di triste compromesso che non ha alcun fondamento storico dimenticando che le foibe e l’esodo dei giuliano-dalmati costituiscono una diretta eredità del ventennio fascista e dell’occupazione italiana dei Balcani durante la Seconda guerra mondiale.» È questo il commento dell’Anpi di Gavorrano e Scarlino alla giornata istituita per ricordare le Foibe e l’esodo degli Italiani dell’istria e della Dalmazia.
«Tra il 1941 e il 1943 circa 150 mila sloveni scomparvero – prosegue l’Anpi -. Cifre enormi anche se basta pensare che nell’isola di Arbe, sede del principale campo di concentramento italiano per jugoslavi, il tasso di mortalità era di oltre il 19%, e quindi superiore a quello dei campi di sterminio. Questa commemorazione è una battaglia strumentale della destra che si pone in contrapposizione alla Giornata della Memoria alla quale anche i partiti di sinistra si sono adeguati per non lasciare il monopolio assoluto all’altra fazione. Non si può capire l’azione congiunta di partigiani jugoslavi ed italiani che ha generato le foibe e l’esodo di migliaia di italiani da quelle terre, se non si ripercorre la storia del Novecento a partire da quando l’Italia, vincitrice nella Prima guerra mondiale, ingloba nel proprio territorio 327 mila sloveni e 152 mila croati, ed anziché scegliere la strada del rispetto per le minoranze, sceglie quella dell’assimilazione forzata e brutale basata sull’annientamento del popolo slavo.»
«Questo processo imposto dal fascismo portò alla soppressione totale delle istituzioni slovene e croate, al divieto dell’uso del serbo-croato ed all’imposizione dell’italiano come unica lingua nelle scuole e negli uffici pubblici dove vi fu una fortissima limitazione nell’assunzione di impiegati sloveni – continua l’Anpi -. Venne attuata l’italianizzazione delle principali città con il trasferimento in esse di popolazione italiana e nelle scuole furono licenziati gli insegnanti di madrelingua slava. Scomparso quindi ogni diritto a tutela dell’identità slava, si arrivò perfino all’italianizzazione forzata dei cognomi. I risultati di questa condotta sono tristemente noti: 13 mila uccisi, fra partigiani e civili; 26 mila deportati in campi di concentramento; 83 condanne a morte, 434 ergastoli, 2695 pene detentive per un totale di 25.459 anni.»
«Non uno solo dei generali italiani che hanno operato nei Balcani, tra il 1941 e il 1943, ha pagato per i suoi crimini: soltanto Belgrado ne aveva richiesti 750. Sul piano della verità le Foibe non rappresentano affatto il simbolo del genocidio della popolazione italiana e dell’indiscriminato odio anti-italiano – conclude l’Anpi -; non ci fu nessun sistematico sterminio etnico contro gli italiani, ma una comune rivolta contro gli aguzzini nazifascisti, contro gli Ustascia e contro i collaborazionisti che si erano macchiati di ogni sorta di crimini. Una lotta di liberazione a tutti gli effetti contro la barbarie nazifascista e per la riappropriazione della libertà e dell’indipendenza nazionale alla quale parteciparono unitariamente diversi popoli e diverse formazioni partigiane comprese quelle italiane.»