GROSSETO – A partire dal 2022, il 12 marzo di ogni anno è la Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari.
“Aderisce all’iniziativa anche l’Azienda Usl Toscana Sud Est, che monitora con attenzione il fenomeno, mettendo, inoltre, in atto tutte le azioni possibili per proteggere e supportare il personale – dicono dall’Asl -. Per quanto riguarda gli operatori Asl Tse, rispetto al 2022, nel 2023 c’è stato un incremento di segnalazioni importante, queste infatti sono passate da 228 a 452 (235 Arezzo, 133 Grosseto, 84 Siena). Tale dato può essere spiegato in parte con la recrudescenza generalizzata del fenomeno e in parte con la seria opera di sensibilizzazione aziendale effettuata a seguito della redazione della procedura specifica per la gestione delle aggressioni. La mancata congruenza della sommatoria dei dati fra aggressioni fisiche e verbali, che sono rispettivamente 442 e 144, in confronto il numero totale si spiega con il fatto che in diversi casi i lavoratori hanno segnalato di aver subito entrambe le tipologie”.
“Il rapporto di aggressioni subite da uomini, 107, e donne, 345, è sovrapponibile con la ripartizione numerica fra sessi dei lavoratori della Asl, 6994 donne (72,7%) e 2630 uomini (27,3%), pertanto possiamo concludere che nell’azienda l’incidenza delle aggressioni non è legata al sesso di appartenenza – prosegue l’Asl -. I reparti maggiormente interessati dal fenomeno sono: Pronto soccorso (126 segnalazioni); Salute Mentale (67); Centrale operativa 118 (19); Medicina e Chirurgia di accettazione e urgenza (14); Serd e Cup (entrambi 12). I dati riscontrati nell’Asl Tse sono sovrapponibili con quelli rilevati a livello nazionale, con i Pronto soccorso e i servizi di Salute Mentale maggiormente esposti alle aggressioni”.
“I nostri operatori non sono parte dell’azienda, sono l’azienda – afferma il dirigente Antonio D’Urso -. Il senso del dovere e la professionalità che mettono nel loro lavoro devono essere protetti. Già di per sé la violenza, sia verbale che fisica, è inaccettabile, ma quando viene messa in atto in un contesto sanitario c’è un significato ancora più negativo, perché indirizzata a persone che sono addette all’assistenza del prossimo. Aggredendo l’operatore sanitario, si aggredisce, indirettamente, anche tutti quelli che sono sotto le sue cure. Per questo, come Asl Tse siamo, e lo saremo sempre di più, impegnati in prima fila per supportare e proteggere i nostri lavoratori”.
“Visto che, come diceva Benedetto Croce, ‘La violenza non è forza ma debolezza’ a prevalere in profondità non possono che essere la ‘ragione’ e il pensiero che nasce dalla corteccia pre-frontale dove abita la nostra coscienza ed agire sociale; solo così possiamo creare una cultura del rispetto reciproco – conclude D’Urso -. Nella maggior parte dei casi, a ricorrere all’aggressione fisica o verbale è proprio colui/colei che è in errore e non ha la possibilità di prevalere con la realtà dei fatti o la coerenza della logica. Infatti, dietro i comportamenti aggressivi e violenti, spesso si nascondono paure, soggezione e impotenza”.