MONTE AMIATA – “Crolla la produzione delle castagne amiatine. Indispensabile un sostegno economico della Regione per rifondere le aziende delle perdite subite”. È la richiesta che lancia Confagricoltura Grosseto con il suo presidente Attilio Tocchi.
Un quadro a tinte fosche quello che emerge dallo studio compiuto dalla associazione agricola sul settore castanicolo del Monte Amiata.
“Si tratta di una richiesta semplice e chiara – spiega Tocchi – per consentire alle montagna amiatina e a chi manutiene questo patrimonio arboreo, di avere ancora motivazioni valide per svolgere il delicato ruolo di produttori custodi. Dalle prime stime si parla di una riduzione media del 70% di prodotto che tradotto in soldoni significa un mancato introito per i produttori di 5,6 milioni di euro rispetto alla ricaduta economica complessiva settoriale stimabile in 8 milioni di euro. Un colpo mortale per le aziende castanicole, che per l’annata in corso contavano di riprendersi dopo oltre dieci anni di problemi legati alla presenza di parassiti e muffe che hanno letteralmente stremato i 2.800 ettari di queste coltivazioni in provincia di Grosseto, mettendo in seria discussione la loro esistenza”.
“Le emergenze sono a macchia di leopardo – commenta il presidente Attilio Tocchi – perché ci sono zone in cui è mancata completamente l’allegagione, probabilmente a causa delle abbondanti piogge primaverili e del caldo autunnale. Il risultato è devastante con i ricci completamente vuoti, senza le preziose castagne al loro interno. Ecco perché – conclude il presidente di Confagricoltura Grosseto – riteniamo che sia un atto dovuto da parte della Regione Toscana intervenire per salvare queste produzioni che rappresentano un’eccellenza da tutelare. Un castagneto non si può lasciare a sé stesso. Deve essere manutenuto e protetto e ciò comporta un dispendio economico non indifferente”.
Anche una produttrice come Donella Guerrini che possiede 20 ettari di cecio, una delle tipologie di castagne amatine insieme alla bastarda rossa e al marrone, descrive una situazione insostenibile.
“Io personalmente ho perduto il 90% del raccolto – spiega amaramente -. È dal 1996 che lavoro in questo settore e una cosa del genere non l’avevo mai vista. È vero che le piante vengono da un periodo di forte stress, a causa dell’attacco del cinipide galligeno e delle muffe, ma andare a raccogliere a 30 gradi non è normale. Lo scorso anno ci eravamo ripresi, sebbene ci liquidassero con una media di appena 70 centesimi al chilogrammo e sul 2023 avevamo molte aspettative, che purtroppo si sono infrante a causa del clima. Adesso aspettiamo interventi immediati per rifonderci delle perdite, altrimenti ho paura che il numero dei castagneti abbandonati aumenterà vertiginosamente, visti gli elevati costi di manuten-zione cui siamo sottoposti. Vogliamo fare i produttori di castagne – conclude l’imprenditrice – e non i custodi dei castagni, a meno che non ci paghino per svolgere questo ruolo fondamentale per la montagna.”