CASTIGLIONE DELLA PESCAIA – La pioggia al paese è sempre stata poca. Si diceva “piove dappertutto fuori che qui, si ferma a Ponti di Badia da un lato e in Pian di Rocca dall’altro”.
Quando pioveva, però, la nostra attività all’aperto subiva una brusca frenata. Non si poteva giocare a pallone lungo la strada e anche il recarsi alla macchia era interdetta.
Anche le ragazzine non potevano giocare a campana. Sia loro che noi ci rifugiavamo nei garage al chiuso. Poteva essere il ritagliare le figure del Corriere dei Piccoli per costruire piccole casette o condottieri, oppure lavorare con il traforo, intenti a creare lampadari e i più bravi la torre Eiffel.
Le ragazzine rispolveravano le bambole e il cucito.
Ci ingegnavamo.
In quelle giornate i garage erano il rifugio più ricercato. Ci stipavamo all’interno, intenti alle nostre occupazioni, guardando il cielo e sperando che un raggio di sole ci permettesse di uscire.
Quando la pioggia smetteva, erano gli stivali in gomma o le calosce che facevano la differenza. Le pozze, spesso con un po’ di fango, erano il divertimento di noi ragazzetti ma non certo delle mamme che al rientro sarebbero state costrette a lavare i panni sporchi.
“Levati quelle cose piene di fango prima di entrare sennò ne buschi” ci dicevano al nostro rientro.
Poi quando finalmente il sole e il vento avevano isolato le piogge, via in strada a riprendere i giochi del periodo, attenti a non sporcarsi ancora per evitare qualche ceffone a man rovescio.
Si riprendeva il pallone e il proprietario cominciava a delineare le squadre
“Te a destra e te a sinistra” uno da una parte e uno dall’altra.
Due sassi per la porta e si ricominciava a giocare felici.