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SELVENA – “Vi scrivo da un paese dimenticato del Monte Amiata, un paese di poche anime, che si vede, giorno dopo giorno, nel silenzio e nell’incredulità di chi lo abita, morire e allontanarsi dalla modernità e dal bisogno di avere sempre più servizi e comodità”, inizia così la lettera inviataci da un nostro lettore, Riccardo Giuliani, che abita a Selvena (Castell’Azzara).
“Selvena è un paese abitato da 400 anime o forse meno, per la maggior parte anziane, che oltre ai problemi e all’incapacità delle istituzioni politiche di questi giorni, si trova a combattere con quella mancanza di sevizi sopra citata – prosegue -. Nello specifico mi riferisco all’ufficio postale, aperto due volte a settimana e con problemi di efficienza dovuti alla troglodita connessione internet che ci ritroviamo e che poco tempo fa minacciava la chiusura; mi riferisco ai servizi sanitari, ai trasporti, alla mancata voglia di far progetti per incentivare il turismo, al menefreghismo dei giovani e alla resa degli anziani; potrei durare ore”.
“Non per ultimo poi, il nostro sportello bancario, che dopo la pandemia ha ridotto a due soli giorni l’orario di apertura al pubblico per
effettuare operazioni, creando numerosi disagi e adattamenti a quei pochi che ancora cercano di tenere in vita le loro piccole imprese agonizzanti e anche, come ovvio, ai privati che, costretti a lavorare fuori comune, si vedono obbligati a prendere delle ferie per gestire i propri interessi. Come se non bastasse, dal giorno 19 maggio è stato affisso un cartello che informa la gentile clientela di prendere la propria automobile e fare almeno 15 km per poter effettuare le operazioni necessarie, in quanto il nostro sportello dal giorno 24 maggio effettuerà soltanto consulenza”.
“Quindi la domanda mi sorge spontanea: cosa deve fare un abitante (penso soprattutto agli anziani) di questo meraviglioso ma sfortunato paese? Vendere (anzi svendere) le proprietà e andare a cercare fortuna altrove come facevano nel dopoguerra? Perché probabilmente sto esagerando, ma sembra di essere rimasti fermi a quel tempo, con la sola differenza che oggi non si trova lavoro come prima e che se hai la fortuna di averlo, devi tirare a campare con una corda stretta al collo”.
“Il mio è solo uno sfogo personale, sfogo che credo rappresenti ogni abitante del paese che si sente inerme e impossibilitato di fronte a tutto perché ormai abituato a subire ingiustizie. Concludo chiedendo aiuto alle istituzioni (se ancora esistono) e a tutti i cittadini: uniamoci per cercare di risollevare le sorti di un paese fantasma che con dei piccoli aggiustamenti potrebbe rifiorire e tornare alla gloria di un tempo”, conclude Riccardo Giuliani.