CASTIGLIONE DELLA PESCAIA – Capita che, correndo dietro ai ricordi, ci si dimentichi ciò che stiamo cercando di ricordare. Sembra assurdo. A me è capitato guardando un’auto di qualche tempo fa.
Vedendo quell’auto sono tornato indietro nel tempo proprio al periodo in cui quel tipo d macchina circolava, e, pensa che ti ripensa, ho rivisto un tendone da Circo e mi sono tuffato in un ricordo che, con la macchina, non c’entrava proprio niente.
In un secondo mi sono rivisto dentro quel tendone, ho percepito i rumori, i suoni, gli odori, le emozioni.
Era sabato sera quando, a bordo della seicento di babbo, abbiamo imboccato la castiglionese, direzione Grosseto. Mamma e mio fratello sono rimasti in bottega.
Stasera Circo. Non chiedetemi il nome perché non lo ricordo proprio, ma il tendone lo vedo ancora. In quella che ora si chiama piazza Martiri di Nassiria svettava coloratissimo e pieno di luci il tendone. Di lato alcuni animali dentro un piccolo recinto erano oggetto di sguardi, tra il divertito e l’impietosito, da parte di alcuni bambini accompagnati dai genitori.
Ci avviciniamo alla cassa per pagare i biglietti d’ingresso e veniamo immediatamente “catturati” da un tipo, vestito da clown, che ci invita a comprare biglietti di una lotteria dove il premio principale è costituito da una foto in groppa ad un elefante.
Finalmente riusciamo a trovare un posto a sedere. Ancora una volta si avvicina il clown e ci propone di avanzare di posto con poche lire in più. Acconsentiamo e ci viene proposto un cuscino a prezzo favorevole.
Ogni cinque minuti, una proposta di questo tipo, mentre lo spettacolo che doveva cominciare alle nove è già in ritardo di oltre mezz’ora.
Dagli altoparlanti la musica suona ininterrottamente, intervallata dalla voce impostata del direttore del Circo che annuncia, ogni dieci minuti, l’imminente inizio dello spettacolo.
Nel frattempo consumiamo sacchetti di semi, noccioline e pop corn accompagnati da gassose e aranciate.
Poi finalmente si spengono le luci, e un faro illumina la pista davanti a noi dove un giocoliere comincia a far saltare i birilli alti nell’aria, riprendendoli ritmicamente senza farli cadere, pedalando su una bicicletta con una sola ruota. “Wow!” di noi bambini risuona sotto il tendone.
Poi entra una donna non più giovane, anch’essa su quella strana bicicletta; insieme all’uomo si esibisce nel numero dei birilli. Ha un vestito coloratissimo e le calze rattoppate su un lato.
Il direttore dall’altoparlante invita ad applaudire. Io lo faccio forte forte, e grido anche “bravi!”. Babbo osserva me anziché lo spettacolo, sorride divertito.
Poi mentre il clown, quello che ci aveva venduto bibite e noccioline e affittato il cuscino, ci intrattiene con giochi di prestigio, alcune persone montano la gabbia per i leoni. Entrano, sono calmi, sembrano rassegnati.
Il domatore mi pare lo stesso che faceva il giocoliere, forse lo è. Indossa una uniforme un po’ consunta, li incita ottenendo solo un “grrrrrr” fiacco e svogliato da parte delle “belve”.
Uno dei leoni mi pare un po’ troppo magro.
Tutti applaudono.
Io applaudo il leone.
Dopo varie esibizioni anche al trapezio, dove i protagonisti sono sempre le solite due o tre persone, lo spettacolo termina e nel viaggio di ritorno mi addormento, sognando quel mondo così distante dalla realtà.
Ho in mente lo sguardo degli adulti che osservano le esibizioni con la faccia sognante proprio come noi bambini e la gioia di quel bambino che, avendo vinto la lotteria, è stato fotografato in groppa all’elefante… di legno.