BAGNO DI GAVORRANO – «Il camionista Tej Abdeljalil deceduto stamani a Bagno di Gavorrano – spiega il segretario della Filt Cgil di Grosseto, Pierpaolo Ceccherini – non può essere considerato in senso stretto una vittima del lavoro, ma l’età che aveva, il tipo di lavoro che svolgeva e il modo in cui è morto ci impongono una riflessione come sindacato».
«Fare il camionista a 65 anni, infatti, può essere considerato normale solo in un mondo nel quale la logica del profitto e il bisogno di lavorare hanno più valore della salute e della stessa vita umana. Guidare un camion o un furgone a quell’età, sostenendo ritmi di lavoro elevati con il continuo assillo di rispettare gli orari di consegna e avere la responsabilità della conduzione di un mezzo pesante, non può né dev’essere considerato normale, o peggio, inevitabile. Per questo siamo vicini ai familiari della persona che stamani ci ha lasciato sul proprio luogo di lavoro».
«Come molti altri mestieri, quello del camionista è un lavoro usurante per il quale va semplificata e incentivata l’uscita anticipata dal lavoro. Oppure, in alternativa, il cambio di mansione. Quella degli autisti, infatti, è per sua natura intrinseca una categoria a rischio, come dimostra il fatto che le persone che fanno questo tipo di mestiere hanno un’incidenza più alta della media di problemi cardiaci e circolatori. Tanto è vero che molto spesso sono sottoposti a sorveglianza sanitaria».
«Il contratto collettivo nazionale “merce e logistica”, non a caso, prevede una grande flessibilità di orari, con molte ore di straordinario e turni di lavoro che spesso si protraggono in notturna, e comporta una grande responsabilità da parte di chi conduce i mezzi, spesso costretto a viaggiare su strade malmesse, insicure e molto trafficate. Un contratto che la Cgil ha sempre sottolineato dev’essere modificato perché contiene un livello normativo pesante per i lavoratori».
«La ripresa economica, l’aumento vertiginoso dei ritmi di lavoro per innalzare i livelli di produttività e profitto, uniti all’incremento dei costi dei carburanti, stanno spingendo le imprese di trasporto a scaricare tutto sulle spalle degli autotrasportatori. Che oltretutto hanno un’età media sempre più elevata, proprio perché le condizioni di lavoro sono poco attrattive per i giovani. Non è un caso che in questo momento in Italia si stima manchino almeno 25.000 autisti, e che le aziende tendano a impiegare quelli che hanno molto più a lungo di quanto sarebbe giusto fare».
«Solo per fare un esempio, in Toscana, in questo momento, c’è un deficit di circa 1500 autisti per il comparto del trasporto pubblico locale. Situazione aggravata dal fatto che negli ultimi due anni, sono drasticamente diminuiti anche gli autisti immigrati dall’est Europa, che hanno lasciato il nostro Paese perché trovano lavoro nei propri Stati di provenienza».
«Tutto questo – conclude Ceccherini – deve spingere la politica a rivedere la legislazione di merito e le aziende di autotrasporto a valorizzare in modo diverso il ruolo del proprio personale. Altrimenti ci troveremo di nuovo a piangere molti altri morti».