GROSSETO – Diffondere le informazioni tramite l’educazione tra pari (peer education) può funzionare: lo dimostrano i cambiamenti avvenuti a seguito della ricerca sperimentale da poco conclusa, rivolta alla conoscenza del rapporto dei ragazzi con le bevande alcoliche e realizzata nell’ambito di una serie di attività legate alla promozione degli stili di vita corretti promosse dal Coeso Società della Salute, che da tempo lavora all’interno di alcuni istituti scolastici del territorio su temi legati alle corrette abitudini alimentari, allo stile di vita sano, alle relazioni sociali.
Lo studio si svolto grazie al “Corso di sensibilizzazione ai problemi alcolcorrelati e complessi – Metodo Hudolin” del 2019, attuato secondo il programma alcologico grossetano, che ha registrato la formazione di quindici studenti dell’Isis Leopoldo II di Lorena tramite la peer education. Questi hanno messo a disposizione le loro conoscenze a beneficio di una cinquantina di loro “compagni di banco”.
L’analisi ha coinvolto 50 studenti nella compilazione online, sia prima che dopo l’intervento di sensibilizzazione sui problemi causati dall’alcol, del questionario Edit nella versione adattata dell’Ars Toscana e di Simurg Ricerche nell’ambito del progetto “Giovani, alcol e stili di vita a Grosseto” di Coeso SdS gestito e promosso in alcune scuole dal 2014.
“Questo studio – dichiara Fabrizio Boldrini, direttore di Coeso Società della Salute –, che ha coinvolto un campione piccolo ma non per questo meno importante, dimostra che attraverso gli interventi di sensibilizzazione e informazione e l’educazione tra pari i comportamenti si possono modificare”.
Secondo la ricerca, infatti, condotta su studenti in media di 16 anni di età, i consumi di alcol si sono ridotti dopo l’intervento di sensibilizzazione tramite la peer education, scendendo di un 15% per il consumo del vino, di un 20% per la birra e un 27% per gli aperitivi. Questo per quanto riguarda i consumi registrati durante la settimana: perché l’uso di alcol, anche nel gruppo di ragazzi coinvolti nel progetto è rimasto purtroppo invariato nella giornata di sabato. “Che rimane – commenta Boldrini – come conferma purtroppo la cronaca di questi giorni, un momento delicato, in cui si registrano episodi potenzialmente pericolosi”.
Gli episodi di binge drinking (ovvero consumo di cinque unità alcoliche standard ovvero bicchieri con 10 grammi di alcol in una stessa occasione) uno dei parametri di rischio riconosciuti per i giovani, si sono ridotti del 33,9% e anche le famiglie degli studenti partecipanti alla ricerca hanno registrato una riduzione in percentuale nella assunzione delle bevande alcoliche: -1,9% dei fratelli, -4,9% per i padri e -17,4% delle madri. Questo dimostra che i ragazzi, informati dei rischi, hanno trasmesso le nozioni raccolte in famiglia, modificando, di fatto, le abitudini di consumo.
Lo studio, condotto da Giuseppe Corlito, psichiatra, alcologo, psicoterapeuta e responsabile scientifico del Centro di documentazione per gli stili di vita sani di Grosseto, Cinzia Santella, insegnate dell’Isis Leopoldo II di Lorena di Grosseto, Moreno Toigo, Claudio Salvucci e Ilaria Rapetti, di Simurg Ricerche di Livorno, ha evidenziato, inoltre, che il 43,2% dei giovani campionati ha consumato per la prima volta una bevanda alcolica in un’età compresa tra i 14 e i 16 anni; il 4,5% prima dei dieci anni, il 9,1% tra i dieci e i dodici anni, il 25% tra i dodici e i quattordici e il 6,8% dopo il compimento del sedicesimo anno di età.
Per il dato relativo alla regolarità nella consumazione degli alcolici si sottolinea che il 62% dei ragazzi afferma di non consumare bevande alcoliche regolarmente, mentre il 14,1% afferma di averlo fatto solo dopo i sedici anni.
Si abbassa leggermente, in riferimento agli studenti di sesso maschile, i casi di ubriachezza annuale a seguito dell’intervento di sensibilizzazione legato alla peer education, resta invece invariato il dato riferito alle ragazze, fermo restando che quest’ultime hanno una propensione allo stato di ebbrezza decisamente più ridotta.