GUSTAVE FLAUBERT
“L’EDUCAZIONE SENTIMENTALE”
CASINI EDIZIONI, ROMA, (1869) 1966, pp. 419
E’ un classico, che è il mio genere preferito. Leggendo ho scoperto che avevo per le mani “L’educazione sentimentale” per la prima volta, che mi era sfuggito nelle notti insonni e avventurose del liceo. Ho scoperto che Flaubert non finisce a “Madame Bovary”. Questo è molto meglio, un romanzo di formazione, scritto con l’occhio dell’età matura. Penso che scrivere dopo il fallimento della rivoluzione del 1848 non poteva essere che la rappresentazione di una delusione colossale. Frédéric Moreau è un giovane provinciale giunto a Parigi per completare i propri studi. Deve abbandonare per ragioni economiche, ma dopo aver ereditato da uno zio ritorna per darsi alla bella vita della capitale.
E’ preso da un amore appassionato senza speranze per madame Marie Arnoux, moglie di un editore e mercante d’arte, che lo ricambia solo platonicamente. Si lascia attrarre da una cortigiana, Rosannette, che gli darà un figlio, il quale morirà di stenti a pochi mesi. Diventerà l’amante di una ricca dama del bel mondo, perversa, madame Dambreuse, moglie di un nobile, uomo d’affari, che lascerà quando questa cercherà di impossessarsi dei beni di Arnoux, morto nel frattempo. Egli resta solo, scettico, pigro e scoraggiato. Lascio il finale molto malinconico alla curiosità del lettore. Intorno al protagonista si muove tutta una serie di personaggi che affrescano la società parigina dal 1840 al 1848, l’età delle monarchia borghese di Luigi Filippo, e il fallimento della rivoluzione borghese iniziata con la rivoluzione francese.
Flaubert partecipa al 1848, ma non può scegliere per il nascente proletariato, che fra l’altro esce sconfitto dalle giornate del giungo 1848, quando nasce la bandiera rossa: nel romanzo ci sono parole durissime contro tutti i possibili socialismi, nemmeno un occhio così accorto come quello di Flaubert può non accorgersi delle magagne della propria classe che in meno di 50 anni da rivoluzionaria e egualitaria è diventata preda solo dell’utile senza altre prospettive. Flaubert partecipò alla rivoluzione del febbraio 1848, ma non a quella di giugno.
Il romanticismo post illuminista ha rivelato il suo volto di ideologia conservatrice. Sul piano estetico la scelta di Flaubert per l’imparzialità, per lo stile oggettivo, posto a fondamento della scuola naturalista di Maupassant e Zolà, poggia su un’ipotesi materialista senza essere positivista, quindi è pessimista sulla natura umana. In questo giudizio terribile egli coinvolge anche se stesso e il suo alter ego, il protagonista del romanzo, che mentre a Parigi si alzano le barricate sta in ozio con la sua mantenuta e non sa cogliere neppure l’amore. Non ha il coraggio né di seguire il suo vero amore, Madame Arnoux, né di fare un matrimonio di interesse con Madame Dambreuse. L’unico personaggio simpatico è l’ingenuo amico Dussardier, che vittima delle circostanze verrà ingannato.
“Il momento migliore” della vita del protagonista e del suo deuteragonista, l’amico Deslauriers, un arrivista fallito, è quando fuggono per paura anche dal bordello. Nessuna delle passioni di questa generazione è appunto “attiva”, cioè capace di indurre un cambiamento storico e personale. Si può dire che la vita e la storia gli è passata di lato. A me avrebbe fatto un gran piacere essere a Parigi nel 1848 e avere la possibilità di menar le mani. A Flaubert va riconosciuto il coraggio di aver saputo rappresentare la propria sconfitta, la sua personale e quella della sua generazione.