GROSSETO – La prenotazione obbligatoria nel fine settimana? Per i piccoli musei – che non rischiavano il sovraffollamento neanche in epoca pre-Covid – rappresenta una importante limitazione, quando non addirittura il sinonimo della chiusura obbligata.
Per questo motivo i sistemi museali della Toscana lanciano un appello al ministro della Cultura, Dario Franceschini, affinché vengano riviste le norme e le modalità di riapertura dei musei nelle cosiddette zone “gialle”. Marco Capaccioli, vicepresidente dell’Associazione Nazionale Case della Memoria, con la presidente dei Musei di Maremma, Irene Lauretti, e Alessandro Ricceri, presidente della Fondazione Musei Senesi, si fanno dunque portavoce di un’istanza condivisa da altre 12 reti e sistemi museali della Toscana, sulla scia di quanto già espresso da ICOM Italia. Il principale network italiano di musei e professionisti museali, infatti, nei giorni scorsi aveva diffuso una lettere aperta che sollevava molti dubbi, sottolineando come «le misure di contingentamento previste […], già messe in atto lo scorso anno dai musei, siano sufficienti a scongiurare la trasmissione del virus COVID 19 e che quindi si possano prendere in considerazione delle eccezioni alla modalità della prenotazione preventiva obbligatoria, qualora il numero dei prenotati sia inferiore al numero massimo di persone che possono essere presenti contemporaneamente nei musei, monumenti o aree archeologiche».
Secondo le norme in vigore, infatti, il sabato e i giorni festivi l’ingresso nei musei risulta consentito solo alle persone che abbiano effettuato prenotazione online o telefonica con almeno 24 ore di anticipo. Ma è ovvio che tale regola – comprensibile per i siti museali molto affollati – appare superflua per i piccoli musei, spesso dislocati nei borghi storici e vero tessuto culturale del territorio. Qui i visitatori sono spesso occasionali e per la maggior parte non programmati; qui si entra durante un’improvvisata gita domenicale, magari decisa all’ultimo momento. Inoltre, secondo le regole attuali, il museo che non avesse prenotazioni dovrebbe rimanere chiuso, rischiando di trasmettere agli eventuali visitatori respinti un messaggio sbagliato, di scarsa sicurezza o addirittura di disservizio.
«La prenotazione obbligatoria in anticipo ci condanna a non accogliere che qualche sporadico frequentatore, quando non equivale a rimanere chiusi: se vogliamo tornare a offrire il consueto servizio di valorizzazione del patrimonio culturale e del territorio, dobbiamo cambiare paradigma», spiegano i tre responsabili dei sistemi museali che promuovono l’appello, Capaccioli, Lauretti e Ricceri.
«Eliminare la prenotazione obbligatoria – aggiungono – significherebbe garantire un’apertura continuativa nel fine settimana seppur con una gestione razionale delle presenze rispetto ai turni di visita o alla capienza delle sale. Si possono evitare gli assembramenti ma, al contempo, dare ai musei la possibilità di vivere e accogliere i visitatori».