GROSSETO – «Rispetto all’intervista del sindaco Biondi di oggi, sull’ipotesi di valutare la soluzione di riempire di gessi rossi la cava Bartolina, esprimiamo grande stupore, e ci chiediamo perché, dopo tutti i fatti emersi, si pensi ancora di utilizzare i gessi rossi per riempire le cave, come se nulla fosse accaduto». Così inizia la nota del Comitato Bruna che interviene sulla questione dei gessi rossi, tornata di stretta attualità dopo la decisione da parte della conferenza dei servizi di giudicare inadeguato il progetto di ripristino della Cava di Pietratonda nel Comune di Campagnatico.
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«Già nel dibattito pubblico del 2017 emersero le gravi criticità della cava vicino Ribolla, da sconsigliarne l’uso, legate al contatto con le falde. Da allora poi ci sono state importanti novità, riguardanti l’utilizzo dei gessi rossi nei recuperi ambientali. La dettagliata relazione sui gessi rossi ad opera della Commissione Parlamentare di inchiesta sui rifiuti, piena zeppa di dati inquietanti, di inchieste, e che esclude il loro utilizzo, tanto nei recuperi ambientali che in agricoltura».
«Parlamentari e Consiglieri che hanno esortato l’intervento per annullare le deroghe ai limiti di legge di cui i gessi rossi beneficiano, unico rifiuto tra le molte centinaia esistenti. La sentenza del Consiglio di Stato del 2018, che ha escluso la potestà delle Regioni a derogare i limiti sui rifiuti (nel nostro caso, il Cromo e Vanadio). La data del 1 ottobre 2021, tra soli 5 mesi, a partire dalla quale il Biossido di Titanio in polvere -il nostro- sarà classificato possibile cancerogeno per inalazione, e con esso i rifiuti che lo contengono, che quindi diventeranno verosimilmente rifiuti pericolosi. E sono tanti altri gli argomenti, argomenti ufficiali, e non fantasiose teorie degli “ambientalisti contrari a tutto”, e i Comitati maremmani, e i residenti, saranno più che mai, nuovamente, uniti».
«Vale la pena scatenare un nuovo contrasto territoriale? Se si deciderà di utilizzare la Bartolina, i soggetti interessati, residenti, agricoltori, operatori turistici, che vedono in pericolo il loro futuro, l’integrità della falda, i loro posti di lavoro, lo stesso “Lago Bartolina”, agiranno senz’altro, e non solo in sede amministrativa, ma anche in quella civile, per il risarcimento del danno, per gli eventuali atti autorizzativi, eventualmente riconosciuti illegittimi, da parte di chi non poteva non essere a conoscenza, ad esempio, della Relazione Parlamentare. A tale proposito ricordiamo che “La commissione d’inchiesta procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria”. (Art. 82 Costituzione Italiana)
Per non parlare della segnalazione a Bruxelles della possibile infrazione per l’uso disinvolto delle note esplicative sulle norme europee per il recupero delle cave con i rifiuti».
«Insomma, un putiferio, cui residenti e agricoltori della piana sono preparati da anni, addirittura con analisi stagionali dello stato di falda dell’intero fiume Bruna. Comprendiamo il Sindaco, ne conosciamo la coerenza sul tema, e conosciamo le pressioni che i sindaci subiscono, da partiti, sindacati, aziende. Comprendiamo anche l’urgenza della fabbrica, ma conosciamo altrettanto il buon senso di Biondi, e gli chiediamo: vale la pena, anche nell’interesse dell’azienda, di perdere un altro anno o più per poi giungere, probabilmente, ad un esito come quello di Pietratonda?»
«Le soluzioni non vanno cercate in una nuova cava, tanto meno a ridosso della più importante falda del territorio. I tempi sono cambiati, ci vogliono nuove soluzioni, forse più costose, ma meno impattanti per il futuro del territorio. Se il Casone vuole sopravvivere, e noi glielo auguriamo, le aziende devono adeguarsi ai tempi e non tenere un intero territorio ancora negli anni ‘80, con la “scusa” del problema occupazionale. I maremmani, e l’Europa, non capirebbero».