FOLLONICA – Io e Morena Zuccalà ci siamo conosciute alcuni anni fa in occasione della presentazione del suo libro “Protocollo di simulazione”, edito dalla stessa casa editrice che lei ora dirige, “96, Rue de-La-Fontaine Edizioni”, e quando la contatto per questa intervista, lei accetta volentieri, e la ringrazio, di rispondere alle mie domande.
Morena, da circa 11 anni vivi e lavori a Follonica, ma sei nata a Como. Qual è il ricordo di questa città che più ti è caro e che cosa apprezzi della Maremma?
Buongiorno, Claudia, e grazie di ospitarmi in questo spazio. Il ricordo che più mi è caro rinvia sicuramente alle esperienze e al vissuto relativi all’infanzia trascorsa ai piedi delle Alpi e vicino al lago che è stato testimone di molteplici avventure e situazioni che a ricordarle, adesso, fanno anche commuovere. Della Maremma apprezzo sicuramente l’aspetto naturalistico.
“Per viaggiare lontano non esiste nave migliore di un libro”: è una frase di Emily Dickinson. Tu che cosa ne pensi?
Sicuramente sono d’accordo. La passione per la lettura, che mi accompagna dalla seconda media, mi ha permesso di “viaggiare” molto e, spesso, mi ha salvato da momenti di grande difficoltà. Ho trovato nei libri amici fedeli, capaci di risollevarmi e allo stesso tempo mi hanno permesso di coltivare la mia parte spirituale e profonda.
Jean de La Fontaine ha scritto favole famosissime. Ai giorni nostri, secondo te, le favole possono essere ancora importanti ?
Le favole sono sempre importanti, anche ai nostri giorni, come modalità, ponte, metafora per attraversare le foreste più buie della vita.
Da autrice ad editrice, il passo è stato breve?
Devo dare la responsabilità, anche questa volta, alla passione per i libri. Dopo la pubblicazione del mio primo libro, da parte di una casa editrice di Torino, mi è venuta la malsana idea di diventare io stessa editore. Dico malsana idea perché fare l’editore richiede un impegno davvero importante a fronte di un riscontro economico, molte volte non adeguato. La passione, però, è stata più forte della paura, ed eccomi qui.
Quanto è difficile fare la scrittrice?
Fare la scrittrice in sé non è difficile. È difficile penetrare nel tessuto editoriale in maniera incisiva e adeguata. Le case editrici sono numerosissime e gli scrittori lo sono ancora di più. Diciamo che sul mercato si trova un po’ di tutto e bisogna vedere se ci si accontenta o si vuole ambire a qualcosa di più. Imprescindibile, in questo senso, è il talento, ovviamente.
E quanto è difficile fare l’editrice?
Sicuramente è molto difficile. Dalla selezione e valutazione delle opere, al lavoro di editing e correzione bozze, per arrivare alla pubblicazione e alla promozione di un libro, si impiegano moltissime energie e risorse intellettuali, morali ed economiche. Come dicevo prima, non sempre, agli sforzi effettuati, corrisponde un adeguato riscontro economico. È vero anche, però, che spesso il rapporto creato insieme agli autori ripaga di questa delusione e mi sprona ad andare avanti e costruire qualcosa che abbia un valore in sé, al di là di ogni riscontro materiale.
Ora che dirigi una casa editrice, pensi di tornare a scrivere libri?
Sì, sto scrivendo un romanzo. Spero di finirlo entro l’anno, compatibilmente con le ore trascorse sui libri e sulle opere ricevute dagli autori.
“Le donne mi hanno sempre sorpreso, sono forti, hanno la speranza nel cuore e nell’avvenire”, Monica Vitti.