GROSSETO – Mettendola sul personale, tocca ammettere che per la prima volta – immagino l’unica – mi sono trovato d’accordo con Matteo Salvini. Che nel suo selfieco blitz elettorale a sostegno del candidato sindaco a Follonica, Massimo Di Giacinto, ha letteralmente detto: «noi della Lega siamo a favore di impianti ultima generazione, moderni, sicuri, puliti». Parlando il consueto italiano maccheronico mutilato delle preposizioni (di), e riferendosi agli impianti di cogenerazione.
Non mi chiamo in causa per vanagloria. Al di là dello shock di condividere queste parole con l’ammaccato ex mattatore leghista. È solo un espediente retorico per mettere in chiaro, ancora una volta, quanta consapevole ipocrisia ci sia sulla vicenda del termovalorizzatore di Scarlino Energia. Dal quale tutti dicono di prendere le distanze. Ma che tutti, proprio tutti, sanno difficilmente potrà essere impedito venga ammodernato. Salvini in questo caso ha tentato un “triplo carpiato con avvitamento laterale” alquanto improbabile, dicendo che è contrario all’attuale «ferrovecchio» e favorevole a impianti «ultima generazione». Ma omettendo di dire che sa perfettamente come sia stato chiesto alla Regione Toscana di autorizzare al Casone un investimento da una novantina di milioni, per rifare ex novo l’attuale impianto. Appunto «moderno, sicuro, pulito».
D’altra parte i leghisti, dove governano, inceneriscono a tutta randa. È noto: la Lombardia recupera il 60% dei rifiuti (che seleziona con la raccolta differenziata), ne spedisce in discarica meno del 10% e il resto lo indirizza al recupero energetico, contribuendo così all’economia circolare. Nel pedissequo rispetto della normativa comunitaria.
Eppure sarebbe tutto così semplice e razionale, non ci fosse di mezzo la demagogia populista. E la debolezza della politica, incapace di autonomia e subalterna a un para-ambientalismo antimoderno ed emotivo. Pochezza che, manco fosse il Covid-19, ha ampiamente contagiato ogni schieramento politico. Con centrodestra, centrosinistra e cinquestelle impegnati in grandiose arrampicate sugli specchi. Pervicacemente ingaggiati in una specie di “Giochi senza frontiere” (1965-1999) del cazzeggio ambientale, a chi la spara più grossa in attesa di giocarsi il jolly (strategia rifiuti Zero) e la prova speciale del “fil rouge” (lo stratosferico modello Vedelago). Generalmente sotto elezioni.
Poi c’è la realtà. Che prende a cazzotti la demagogia, anche se fa fatica. Basta andare indietro negli anni, e ricordare come sono finite le vicende dell’inceneritore di Brescia, e poi di quello di Parma.
Di questa realtà fa parte anche una recentissima novità, che cambia molte carte in tavola rispetto al ciclo integrato dei rifiuti in provincia di Grosseto, e non solo. Si tratta dell’ingresso in Toscana del Gruppo Iren – fra i colossi nazionali nel settore delle multiutility – con il proprio ramo ambientale: raccolta, trattamento, stoccaggio, recupero e valorizzazione dei rifiuti. Lo scorso 19 giugno, infatti, Iren con un’offerta di 90 milioni di euro si è aggiudicata la divisione ambiente di Unieco, società cooperativa da tempo in liquidazione coatta amministrativa. Che in Toscana controllava a sua volta alcune società.
Insomma, per farla breve, con la conclusione del passaggio di mano Iren Ambiente nei prossimi giorni diventerà proprietaria più o meno del 90% di Scarlino Energia (cogeneratore del Casone), del 60% di Futura (impianto per produzione di compost e Css alle Strillaie), del 40% di Sienambiente (socia di Sei Toscana), del 33% di Sei Toscana (diventandone socio di maggioranza relativa), che a sua volta è il gestore del ciclo integrato dei rifiuti nei 104 Comuni dell’Ato rifiuti Toscana sud. Ma anche del 40% di Csai (discarica di Terranova Bracciolini). Così per dire.
È del tutto evidente che l’arrivo in Toscana, e in provincia di Grosseto, della terza multiservizi italiana – alle spalle di Hera e Acea – molto forte nel settore ambiente e con un fatturato aggregato di 4,5 miliardi di euro, prelude a qualche sommovimento.
L’azienda che gestisce il ciclo dei rifiuti a Torino, Piacenza, Parma e Reggio Emilia, gestisce già tre termovalorizzatori (Parma, Torino e Piacenza) ed è evidente che cercherà di aggiungerne un quarto, confermando la scelta di Scarlino Energia di chiedere il via libera al completo ammodernamento e potenziamento dell’impianto del Casone di Scarlino. Nel mirino ci sono più o meno 200.000 tonnellate di Css, fanghi di risulta dei depuratori civili, pulper delle cartiere di Lucca e residui delle lavorazioni tessili di Prato. Nella logica dell’economia circolare, che prevede la valorizzazione energetica della frazione dei rifiuti urbani e speciali non pericolosi che non possono essere recuperati.
Altrettanto evidente che i nodi saranno sciolti dopo la tornata delle elezioni regionali del prossimo settembre.
Anche se, alcune cose sono già molto chiare. Al di là delle meline e delle cortine fumogene che con conformismo imbarazzante tutti i partiti politici, compresi i semi-nuovi Cinquetelle, continuano ad alimentare.
La prima è che, anche se si sostiene ufficialmente il contrario, tutti sanno che non si può impedire per motivi politici a un’azienda di esercitare la propria missione d’impresa, se questa agisce nel rispetto della legge per adeguarsi a sentenze amministrative definitive. Come ha chiesto di fare Scarlino Energia (oggi passata a Iren).
La seconda è che in Toscana si continua ad avere un problema di smaltimento di una discreta quantità di rifiuti speciali non pericolosi e di combustibile solido secondario (il Css ricavato dai rifiuti urbani) che viene spedito in giro per l’Italia – o in Bulgaria come il Css prodotto coi nostri rifiuti alle Strillaie – con una prassi costosa e che non ha niente di ecologico.
La Terza è che la nostra regione con la crisi dovuta alla pandemia del Covid-19 prenderà quest’anno una brutta botta. Irpet, Ires-Cgil e, ultima in ordine di tempo, Bankitalia, vedono tutti nero: intorno a -10% di Pil e la perdita di circa 100.000 posti di lavoro. Facile immaginare la tragedia che si abbatterà sulle aree più deboli della regione, come la provincia di Grosseto.
La quarta è che oramai solo i pasdaran non ammettono che le moderne tecnologie d’incenerimento sono assolutamente sicure e compatibili con la tutela dell’ambiente.
Di fronte a tutto questo, si può agire in tanti modi. Diciamo senza astio che finora la politica è riuscita nel modo migliore a dare trasversalmente il peggio di sé. Abbaiando alla luna senza mai incidere sui processi reali, sulla difensiva rispetto alla demagogia dell’ambientalismo salottiero e incapace di programmare e trattare per portare benefici al territorio. Visto quello che ci aspetta, forse sarebbe il caso di cambiare passo, pensare ai posti di lavoro allo stesso tempo garantendosi tutele ambientali. Ma ci vorrebbero autonomia di pensiero e schiena dritta.
Come direbbe Pierluigi Bersani: «amico di tutti, parente di nessuno». Oppure, traslato alla maremmana: «a ciascuno la sua arte, e il lupo alle pecore».