GROSSETO – And the winner is (il vincitore è): l’Istituto nazionale di previdenza sociale. Meglio conosciuto al popolo come Inps. Il terrifico Golem burocratico che nell’immaginario collettivo vessa lavoratori e datori di lavoro attraverso i contributi pensionistici.
Il Golem, peraltro, è la metafora perfetta per l’Inps. Figura immaginaria della mitologia ebraica, antropomorfa, il Golem è un gigante di argilla privo d’intelligenza e facoltà intellettive, ma dalla forza prodigiosa. Che prende forma pronunciando una combinazione di lettere dell’alfabeto ebraico, secondo formule che obbediscono alle leggi della Cabala. Solo che qui da noi, invece di difendere il popolo eletto da Dio – gli Ebrei – obbedirebbe ad altre logiche perverse, tipiche dell’italica passione per l’ingarbugliamento delle cose semplici.
E invece no. Stavolta no. L’Inps ha riscattato anni di maldicenze e macchinosità burocratiche inflitte ai contribuenti. Erogando esattamente nei tempi previsti il famigerato bonus da 600 euro che il governo si era impegnato a garantire, per dare un primo sollievo relativo al mese di marzo. Miracolo di puntualità ed efficienza, quello dell’Inps, seguito all’altro stupefacente risultato di aver recepito più di tre milioni di domande in pochissimi giorni per via telematica. Con l’unica macchia, veniale, del crash informatico del sito web dell’istituto registrato il primo giorno, all’apertura delle prenotazioni online. Evento infausto, ma comprensibile, maldestramente giustificato dal presidente Tridico con un fantasmagorico attacco degli hacker. Finendo quel giorno per fare la figura del tonno coi bracci.
Poi il miracolo di questa settimana, con l’accreditamento di tutti i bonus sui conti correnti di tanti Italiani. Compresi i non pochissimi che magari c’hanno provato, per vedere l’effetto che fa. A uccellare un po’ di soldi allo Stato. Dagli evasori fiscali cronici, a coloro che appena lo scorso anno avevano denunciato un reddito di 70, 80, 90 o 100.000 euro. E che già al dieci marzo magari erano lì a piangere miseria, e a invocare l’intervento dell’odiato Stato. Ché la carestia di un mese, e peggio che mai la quaresima da Covid-19 di cinque o sei di mesi, gli sembrava una prospettiva insopportabile da sopportare.
D’altra parte, guarda il paradosso che in questo Paese regolarmente si ripete, anche diversi notai italiani hanno pianto miseria a questo giro. Ne ha dato contezza lo scorso 12 aprile “Il Sole 24 Ore”: 353 notai «hanno chiesto alla Cassa nazionale del Notariato il bonus di 600 euro per il mese di marzo». Il compassato quotidiano confindustriale, peraltro, in un impeto di simpatia per la classe operaia ha poi scritto: «Anche i notai piangono? Non esageriamo. Però è un fatto che si contino più di mille potenziali beneficiari del “reddito di ultima istanza”: 1.012 per la precisione, oltre il 20% degli iscritti alla Cassa». Ad approfittare dell’opportunità – al pari di altri professionisti «iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria» – «potrebbero essere i 703 notai – spiega Il Sole – che nel 2018 hanno percepito redditi fino a 35mila euro. E i 309 che nello stesso anno d’imposta non hanno superato i 50mila».
Insomma, nonostante la brutta reputazione, per una volta che dio benedica l’Inps. Che tutto vede. E a tutto provvede.