GROSSETO – Vi scrivo queste poche righe per raccontarvi una storia, la mia storia, affinché possa essere utile a migliorare le molte cose che talvolta non vanno nell’Istituzione Pubblica locale e perché nessuno più possa vivere i disagi che io e la mia famiglia abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo. Inizia così la lettera inviata da Matteo Felicioni, la terza persona positiva al Corpnavirus in provincia di Grosseto. Di seguito e integralmente la sua lettera.
Sono Matteo Felicioni, ho 28 anni, Grossetano di origine ma vivo a Milano; quello che oggi rappresenta più che una colpa, addirittura una croce. Il 7 marzo 2020 sono risultato positivo al Coronavirus.
Il mio isolamento però inizia prima, il 2 marzo, perché rientrando da Milano, avevo deciso di mettermi responsabilmente in quarantena preventiva nonostante fossi sano (a differenza di quello che molti, totalmente ignari ai fatti, hanno insinuato e accusato una volta uscita la notizia). Fortunatamente la mia famiglia vive in un appartamento su due livelli, e questo mi ha consentito di tutelarli, soprattutto quando, dopo qualche giorno, è comparsa la febbre.
Allora l’epidemia aveva solo un migliaio di casi in Italia ed una coppia di coniugi a Grosseto. Nonostante questo, per sintomi e provenienza, fu ordinato il tampone faringeo. Dopo poche ore, il verdetto: positivo al Covid 19.
Prontamente il sindaco e le istituzioni sanitarie si sono adoperate per redigere l’ordinanza sindacale di isolamento domiciliare per me e per la mia famiglia. Peccato però che qualcuno si sia scordato quel minimo senso di umanità necessario per spendere anche solo una parola di conforto e vicinanza. Ero il 3° caso nel Comune ed in provincia, avrebbero certamente avuto modo di farlo e sarebbe stato non solo un bel gesto ma una importante testimonianza di solidarietà.
Da qui, inizia una lunga serie di disagi ed inefficienze che ho ritenuto giusto raccontare. Non lo faccio per criticare, ma per far sì che le istituzioni si adoperino per risolverli evitando che altri possano vivere quanto io e la mia famiglia abbiamo subito.
Il sistema sanitario ha funzionato? In parte. Se non fosse stato per un medico dirigente del servizio igiene che mi chiamava e rassicurava quotidianamente, ho ricevuto le ufficiali chiamate quotidiane di controllo solo a partire dal 15 marzo, ben otto giorni dopo essere risultato positivo. Nel frattempo, i numeri pubblici riportati da chiamare per informazioni non rispondevano mai.
A questo si aggiunge il fatto che dal 7 marzo vivo con la stessa ed unica mascherina, ricevuta al triage quando mi presentai per fare il tampone. I miei familiari, con i quali condivido l’isolamento domestico, non ne hanno mai ricevuta una, con un rischio altissimo di essere contagiati. L’unica risposta ricevuta è che l’Asl di Grosseto non ne aveva altre disponibili. Da ieri sono arrivate quelle disposte dalla Regione e consegnate dal Comune ai cittadini ma nel frattempo abbiamo vissuto con le mascherine fai da te in carta da forno e con quelle fatte arrivare a mio padre dal Lions Club Grosseto Host 10 giorni fa.
Le istituzioni hanno supportato? No. Ci hanno controllato con il servizio quotidiano a domicilio di controllo da parte dei Vigili urbani; se non fosse per la generosità dei tanti amici che abbiamo dovuto scomodare, dei parenti e dei piccoli commercianti che si sono resi disponibili, dal 7 marzo ad oggi non avremmo potuto mangiare, comprare medicine, assistere mia nonna parzialmente autosufficiente che vive da sola o semplicemente portare il cane a fare i bisogni. Ci hanno da subito isolato e subito dopo dimenticati.
Non abbiamo ricevuto una Carta dei Servizi che illustrasse quali esercizi una persona malata ed isolata potesse contattare (e non può essere un giustificativo che in parte queste informazioni sono state pubblicate su giornali online). Di contro abbiamo ricevuto, 13 giorni dopo, il Servizio Rifiuti Speciali dalla Sei stabilito dalla delibera Regionale; meglio che niente!
Posti alla pari con coloro che sono a casa asintomatici e per prevenzione disposta dal DPCM, non abbiamo potuto usufruire di servizi di spesa a domicilio, perché l’online dei supermercati è totalmente preso d’assalto e sempre fuori servizio, perché la Croce Rossa chiede il pagamento in contanti ma noi non possiamo uscire di casa per prelevare, perché solo oggi abbiamo scoperto, dopo mille chiamate e dopo aver parlato con i Vigili urbani quindi dirottati alla Protezione civile, che la Misericordia si è attrezzata con servizio POS.
Non abbiamo potuto usufruire di servizi di assistenza per gli animali domestici, perché la Protezione Civile, fatta sì di persone splendide, ha le mani legate e l’unica soluzione che può autorizzare è il canile. E quindi la soluzione è che il cane faccia i bisogni in terrazza, se non fosse per gli amici da scomodare per darci una mano e per una giovane ragazza, un angelo chiamato Alice, che ci ha letteralmente adottati con la nostra Labrador Wilma.
Non abbiamo potuto usufruire di servizi di assistenza domestica per mia nonna nemmeno tramite la Caritas, rimasta da poco più di un mese vedova e parzialmente autosufficiente. Se non fosse stato per mio zio, che in quanto medico rischiava di farsi portatore involontariamente del contagio, come avremmo potuto fare?
Ad oggi, io sono ancora nella lunga attesa di chiudere il ciclo “tamponi”, con la speranza che possa essere negativo. Certamente, una volta guarito, sarò ben lieto di tornare a disposizione per le persone bisognose ed in difficoltà. L’ho fatto sempre, ma oggi lo potrò fare in modo più mirato: non solo per fare la spesa, per portare a casa le medicine e portare semplicemente fuori il cane, ma soprattutto per non farle sentire sole. Le Istituzioni Pubbliche però non sono il volontariato privato, i cittadini pagano per avere servizi e pertanto è dovuto che queste aggiustino il tiro diventando presenti non solo nei social e nelle tv, bensì concretamente nell’assolvere ai principali bisogni dei molti che ne hanno necessità.
Buona Pasqua a tutti ma in modo particolare a coloro che soffrono, agli anziani rimasti soli ed isolati ed a tutti i nostri angeli che operando in prima linea rischiano la propria vita per tutti noi.