GROSSETO – Nei momenti difficili la retorica lascia il tempo che trova. Può fare da cornice, ma senza la sostanza il botto prima o dopo lo fai. E l’Italia – cioè noi – è esattamente nella condizione di dover scegliere tra forma e sostanza.
A dare un’autorevole spallata alla retorica dell’italianità come virtù taumaturgica (Italiani brava gente) ci ha pensato in una spigolosa intervista a “La Repubblica” Carlo Messina, amministratore delegato di Banca Intesa San Paolo. Titolo «Da noi 50 miliardi di crediti ma le imprese forti facciano la loro parte».
Il manager romano ha messo il dito in una delle piaghe nazionali, dalle quali quasi tutti si tengono alla larga. I 200 miliardi stanziati dal governo – ha detto – «non devono servire a rafforzare imprese che finora si sono mosse egregiamente sui mercati, sia per i finanziamenti che esportando molta parte dei loro fatturati. I proprietari di queste imprese, che spesso sono imprenditori con notevole ricchezza accumulata in Italia o all’estero, dovrebbero lasciare le garanzie di Stato ai settori più deboli, e rispondere a un altro imperativo morale». Parole che a prim’acchito sembrano la classica esortazione etica, che non guasta mai nei momenti gravi, perché nobilita il ragionamento. Parole alle quali segue, puntuta, una vera e propria stoccata. «È il momento – sottolinea Messina – di far tornare i soldi degli imprenditori nelle aziende, ricapitalizzarle per contribuire ad accelerare il recupero del Paese, a partire da quelle stesse aziende. Il governo, con una visione pragmatica, dovrebbe studiare il modo di far rientrare fondi dall’estero, agevolandoli se sosterranno le imprese italiane».
Tradotto in parole semplici. Bisogna che il Governo metta in campo una specie di scudo fiscale per il rientro dei capitali illecitamente portati all’estero (evasione fiscale) dagli imprenditori. Condizionandolo al loro utilizzo per capitalizzare le aziende (facendo investimenti) di cui sono titolari. Così anche chi ha goduto di enormi vantaggi personali aggirando le leggi, farà qualcosa per tirare fuori il Paese dalla melma in cui era già impantanato. Condizione che la crisi innescata dalla pandemia del Coronavirus minaccia di far precipitare una volta per tutte.
Quindi l’evasione fiscale di cospicui capitali provenienti da attività imprenditoriali, non era una leggenda metropolitana alimentata dei komunisti, ma una pratica che tutti conoscevano. Se lo dice l’amministratore delegato della più grande banca italiana, dev’essere proprio vero. Sarà senza dubbio persona di mondo.
Da notare, inoltre, che nella stessa intervista Messina sollecita i grandi capitalisti anche a fare beneficienza privata (lui ha donato personalmente un milione di euro), per contribuire a contrastare le gravi conseguenze sociali della crisi. E lo dice non come alternativa (comoda) a far rientrare i capitali dall’estero.
Concludendo la retorica non serve in nessun caso. Quindi è inutile anche perder tempo a dare un giudizio morale sul motivo per cui Messina ha detto certe cose. Tipo rifare una verginità al sistema connivente o extrema ratio di fronte alla tragedia, piuttosto che per profondo convincimento etico. Quello che propone è un percorso concreto che può dare risultati abbastanza velocemente. Quindi è il caso di prenderlo molto sul serio.
P.S. Per la retorica (inconcludente e connivente), rivolgersi ai sovranisti.